Il Comune unico condannato perché non ha proposto reclamo
I locali di vico Quercia a Napoli vincono il reclamo contro l’ordinanza cautelare disposta a favore dei residenti che rivendicavano la necessità di quiete pubblica, secondo loro assente a causa dei suddetti esercizi commerciali.
Le restrizioni imposte dall’ordinanza
L’ordinanza prevedeva misure stringenti, come predisporre «un servizio di vigilanza privata» che doveva avere il compito «di limitare al massimo i comportamenti più rumorosi degli avventori»; poi posizionare «supporti antirumore ai piedi dei tavoli e delle sedie al fine di ridurre il rumore da impatto provocato dallo spostamento degli stessi» e, ancora, non eseguire «operazioni di vendita e scarico o movimentazione di bottiglie o qualsiasi altro contenitore in vetro oltre le ore 23:00».
Il precedente di piazza Bellini e la posizione del Comune
Il provvedimento è arrivato dopo la sentenza che ha visto coinvolto il Comune di Napoli per il rumore persistente in piazza Bellini, dove i residenti, difesi dall’avvocato e consigliere comunale Gennaro Esposito, sono riusciti ad ottenere un risarcimento danni. Il caso di vico Quercia però è diverso perché a essere tirati in ballo sono stati i locali commerciali, di cui sette difesi dall’avvocato Roberta Valmassoni, e non esclusivamente l’amministrazione. Il Comune a oggi è l’unico condannato dall’ordinanza perché non ha proposto reclamo.
Dopo l’ordinanza cautelare, i locali coinvolti hanno contestato le misure inibitorie disposte dal Tribunale per contrastare le immissioni rumorose moleste che secondo i residenti erano legate alla loro attività commerciale e il Tribunale di Napoli, IV sezione civile, in composizione collegiale, ha dato loro ragione. Sono stati dichiarati inammissibili gli interventi volontari di alcuni dei 67 residenti coinvolti perché si tratta di «intervento adesivo dipendente», non consentito in sede di reclamo.
Contestata la legittimità degli interventi dei residenti
Viene contestato, quindi, ad alcuni residenti di essere intervenuti non per chiedere qualcosa di autonomo o per difendere un proprio diritto, ma per aderire alle richieste di una delle parti già coinvolte, supportando la sua posizione. Il Tribunale ha anche confermato la tempestività del reclamo dei locali e rigettato le richieste avanzate da alcuni residenti e un condominio di via Toledo che avevano chiesto il mantenimento delle restrizioni.
Le spese legali e il risarcimento economico ai locali
Inoltre, è stata stabilita una ripartizione delle spese legali: il Comune di Napoli dovrà farsi carico di un terzo delle spese, mentre i residenti coinvolti dovranno pagare due terzi, a favore dei legali dei locali, l’avvocato Roberta Valmassoni e Francesco Soprano.
A questa vittoria legale si aggiunge un risarcimento in denaro per i locali di vico Quercia. Il Tribunale ha disposto il pagamento delle spese legali relative al primo grado del giudizio, fissate in un totale di 6.638 euro per compensi e 286 euro per esborsi, che saranno divisi tra il Comune di Napoli (per un terzo) e i residenti (per i due terzi).
Inoltre, sono stati previsti risarcimenti anche per le spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio (CTU), con il Comune che dovrà farsi carico di un terzo, mentre i residenti coinvolti dovranno pagare i due terzi. Inoltre, le spese per la fase successiva del giudizio, relative al reclamo, ammontano a 3.983 euro, di cui 174 euro per spese documentate e 3.809 euro per compensi, più il rimborso delle spese generali, CPA e Iva, sempre a carico dei residenti che avevano avanzato il ricorso.
In sintesi, il Tribunale ha accolto il reclamo dei locali, annullando le misure restrittive e riconoscendo il diritto dei commercianti a un risarcimento per le spese legali sostenute e le consulenze tecniche.
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