Daniela Di Maggio: «Mi devono spiegare come è possibile in un carcere»
«È la terza volta che accade, si parla di un killer efferato, mi devono spiegare come sia possibile che nel carcere di Catanzaro e così lo scorso anno in quello minorile, sia potuta accadere una cosa simile, consentendo una tale spavalderia». C’è tanta rabbia nelle parole, espresse all’Adnkronos, da Daniela Di Maggio, la mamma di Giovanbattista Cutolo, conosciuto come «Giogiò», giovane musicista ucciso il 31 agosto 2023 da un 16enne (condannato a 20 anni di carcere, che sta ora scontando nel penitenziario di Catanzaro) al centro storico di Napoli.
La nonna del killer ha recentemente pubblicato sulla sua pagina Facebook le immagini di una delle videochiamate dal carcere (che spettano di diritto al detenuto) con il nipote, aggiungendo la didascalia: «Un legame che durerà in eterno». Secondo la mamma di Giogiò, è la terza occasione nell’arco di un anno in cui il volto dell’assassino di suo figlio viene pubblicato sui social.
«Questo significa che non c’è attenzione in queste carceri, il killer di mio figlio così non empatizzerà mai con il dolore», aggiunge la mamma di Giogiò. «Mi chiedo il Tribunale di sorveglianza dove sia, la nonna mette in rete videochiamate dal carcere e le fa fare contemporaneamente all’altro nipote detenuto. Vorrei non vedere più il viso di chi ha ucciso mio figlio almeno per la durata della sua detenzione. Chiedo al capo del Dap, Antonio Sangermano di intervenire subito, la Questura e la Prefettura devono oscurare il profilo».
Il ministro Nordio chiede accertamenti
«Con riferimento alla videochiamata fatta alla nonna dal killer del giovane musicista napoletano Giogiò Cutolo, immediatamente diventata virale sui social, il ministro Nordio ha chiesto riscontri in sede amministrativa per accertare se le immagini e le riprese diffuse sui social siano state effettuate dalla Casa circondariale di Catanzaro, nel corso del colloquio a distanza con i familiari del detenuto». Lo fa sapere in una nota il ministero della Giustizia.
«Effettivamente risultano regolarmente autorizzati videochiamate e colloqui tramite l’applicativo whatsapp tra il detenuto e i familiari; pertanto, la Direzione ha prontamente segnalato alla locale Procura nonché al magistrato di sorveglianza, per quanto di rispettiva competenza, la vicenda in relazione sia alla diffusione illecita del video sia alle modalità fraudolente di captazione del colloquio, che in ogni caso non poteva essere registrato dagli interlocutori», conclude la nota.