L’Anm cerca d’impedire al governo di governare. Ma non aveva proposto «rispetto reciproco»?

Polemiche per giustificare il no alla riforma e alla separazione

«Non c’è mai fine al peggio». Certamente ricorderete che l’Associazione Nazionale Magistrati alla fine dell’incontro a Palazzo Chigi, con il governo e la premier Meloni sulla riforma della Giustizia – ribadendo la propria contrarietà e confermando che avrebbe continuato la battaglia per il «no»- aveva invocato il «rispetto reciproco» fra le parti.

Ma subito dopo, la Cassazione rispose con una sentenza che impone allo Stato di risarcire i migranti trattenuti sulla nave «Diciotti» dal 16 al 25 agosto 2018 e l’Anm, con l’annuncio che la sua «rivolta antiriforma», muoverà da un incontro «non formale» con Mattarella e si dipanerà in una sequela di iniziative pro «no» all’eventuale referendum abrogativo, che potrebbe svolgersi nella primavera 2026. Gli schemi, insomma, sono già saltati.

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Il reato di abuso d’ufficio

«Nun c’è bisogno ’e na zingara p’ ’indovinà», quindi, che tutte le decisioni assunte in questa settimana dalla Magistratura sono figlie del «no» a riforma della giustizia e separazione delle carriere. Con ordine, la Cassazione ha chiesto alla Consulta di dichiarare illegittima la cancellazione dal codice penale del reato di abuso d’ufficio. Una misura garantista attesa da amministratori locali di tutta Italia, senza distinzioni di colore politico, approvata definitivamente il 10 luglio ‘24 dalla Camera dei deputati.

Eppure – stando ai dati forniti dall’ex presidente dell’Anci, il piddino De Caro – il 98% degli incriminati alla fine veniva prosciolto. La Suprema Corte, però, non ne è convinta e nel caso ne attribuisce il merito alla paura degli interessati. Un reato, peraltro, non previsto in nessuno dei maggiori Paesi europei aderenti all’Onu che, da parte sua, si guarda bene dall’intervenire per imporne l’adozione.

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La convenzione contro la corruzione, approvata dalla conferenza di Merida nel 2003, infatti, non obbliga i Paesi sottoscrittori ad adottarlo, ma a valutarne l’adottabilità. E i magistrati della Cassazione certamente lo sanno. Sia come sia, l’unico «merito» che si può attribuire a questo illecito è quello di mettere in difficoltà gli amministratori locali che – per non correre rischi – rifiutano di firmare provvedimenti che considerano a rischio, allungando all’infinito i tempi di realizzazione, delle opere programmate. Se non, addirittura, di bloccarle totalmente.

Le esigenze reali di giustizia e sicurezza

Ma il peggio è che tutto ciò ha fatto perdere di vista le esigenze reali di giustizia e sicurezza dei cittadini, la cui fiducia nei confronti dei giudici continua a scemare. Tanto più che dal 1991 al 31 dicembre 2022 – come risulta dai dati forniti dall’ultimo report di «errorigiudiziari.com» – di errori giudiziari e ingiuste detenzioni, in Italia, se ne sono contati ben 30.778 (961 all’anno), costando allo Stato oltre un miliardo di risarcimenti per le vittime; senza parlare perché non ancora rilevati di quelli ‘23-’24 e dei tanti dubbi emersi col tempo, che stanno emergendo anche in questi giorni, su vecchie sentenze e l’aria di insicurezza che si respira nel Paese.

Sarebbe giusto sapere quali oneri per gli errori commessi siano ricaduti sui magistrati responsabili e sulle loro carriere. Ma non lo si saprà mai. E c’è da dire che ogni sentenza sbagliata rappresenta un doppio errore: per ogni innocente condannato, c’è un colpevole assolto, e resta tale, ma con conseguenze aggravate per i direttamente colpiti, anche quando (sempre troppo tardi) viene corretto.

Sicché, alla luce di questi numeri, la lentezza dei processi, il rischio di errori e la pregiudiziale motivazione per cui ne è stata chiesta la reintroduzione: «il reato aveva una portata generale ed estremamente efficace, anche sul piano preventivo, in ragione della previsione della minaccia di sanzione penale» potrebbero di nuovo spingere, sindaci e amministratori ad evitare di sottoscrivere provvedimenti che, male interpretati, potrebbero essere considerati «abuso». E questa fa ulteriormente scendere la fiducia degli italiani nei magistrati, un calo cui questi rispondono con l’a-fiducia.

Il nodo intercettazioni

Dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, infatti, l’Anm venerdì ha alzato la voce anche contro la nuova disciplina sulle intercettazioni che ne limita a 45 giorni la durata: «rischia di creare ulteriori sacche di impunità». Ha tuonato il vicepresidente De Chiara: Fiducia, sì, ma non troppa, insomma.

Ma c’è una grande contraddizione da sottolineare. Se è l’Anm a tentare di impedire al governo di svolgere il proprio compito istituzionale ovvero legiferare, nulla quaestio. Ma se è il ministero della Giustizia a chiedere chiarimenti sullo sciopero dei magistrati del 27 febbraio scorso, immediatamente scatta la contestazione delle toghe contro Nordio perché compie «ingerenze politiche sullo sciopero». Ma se va bene per il Capo dello Stato e presidente del Csm, Mattarella, significa che va bene così. O no?

Setaro

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