Giovanni Motisi è morto davvero? Il mistero dell’ultimo boss latitante

Il decesso del capomafia potrebbe riscrivere le gerarchie di Cosa nostra

Uno degli ultimi grandi ricercati di mafia potrebbe essere morto, stroncato da un tumore come Matteo Messina Denaro. Più che una rivelazione la presunta fine di Giovanni Motisi, 66 anni, detto ‘u pacchiuni (il grasso) è una notizia tutta da verificare. E per questo si è mossa la Procura della Repubblica di Palermo che ha sentito il fotoreporter sardo Antonello Zappadu.

È lui l’unica fonte di un’informazione che potrebbe, se vera, cambiare gli assetti militari di Cosa nostra. Gli accertamenti, fatti dalla Sco in collaborazione con le forze dell’ordine colombiane, al momento non confermano, l’indiscrezione.

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Un’informazione da verificare: la Procura indaga

Zappadu sostiene, in un articolo pubblicato dal settimanale Gente, di avere appreso da un mediatore che il boss, condannato all’ergastolo per l’uccisione nel 1985 del vice questore Ninni Cassarà capo della sezione investigativa della squadra mobile di Palermo, sarebbe morto in una clinica in Colombia. Zappadu dice che era già in rapporti con il «tramite» perché il boss voleva rilasciare un’intervista. L’incontro si doveva tenere a Istanbul. Motisi sarebbe arrivato dal Brasile e dalla Turchia si sarebbe poi recato in Italia per consegnarsi: stava già male. Tutto sarebbe però saltato perché il male avrebbe fatto il suo corso fatale.

Sull’attendibilità del mediatore il fotoreporter sardo è pronto a giurare. Ma non è in grado di aggiungere altro, neppure un’indicazione sulla clinica colombiana in cui Motisi, che potrebbe avere usato un falso nome, avrebbe concluso i suoi giorni e la sua carriera criminale, all’ombra di Totò Riina.

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Un fantasma nella gerarchia di Cosa nostra

La sua partecipazione all’agguato contro Cassarà, nel quale morì anche l’agente Roberto Antiochia, sarebbe stata «premiata» da Riina con la promozione del boss a capo del mandamento di Pagliarelli, un ruolo che peraltro aveva avuto per tanti anni lo zio Matteo. Quell’incarico gli venne poi revocato per ordine del boss Nino Rotolo, hanno raccontato alcuni pentiti, perché sospettato di una cattiva gestione della cassa della cosca.

E tuttavia Motisi non solo avrebbe evitato «misure punitive» ma avrebbe mantenuto una posizione di rilievo nella gerarchia di Cosa nostra. Tanto da essere considerato l’ultimo grande latitante di mafia. Di lui le forze di polizia hanno solo un’immagine ricavata da un processo di invecchiamento (tecnica dell’Age progression) di alcune foto degli anni ‘80 e ‘90 trovate a casa sua: nel nuovo identikit il boss ha una struttura fisica robusta, un lieve sorriso come in uno scatto di gruppo e i capelli grigi.

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