Il collegio di secondo grado ha derubricato i reati contestati
La Corte d’appello di Palermo ha ridotto le pene decise in primo grado nei confronti di Lorena Lanceri, legata sentimentalmente al boss Matteo Messina Denaro, e del marito Emanuele Bonafede. La donna in primo grado, col rito abbreviato, era stata condannata per associazione mafiosa a 13 anni e 4 mesi di reclusione, ma il collegio di secondo grado ha derubricato i reati contestati in favoreggiamento personale e procurata inosservanza della pena e le ha comminato 5 anni e 8 mesi.
Riduzione di pena anche per Emanuele Bonafede: condannato dalla Corte d’appello a 4 anni e 4 mesi per gli stessi reati contestati alla moglie, a fronte dei 6 anni e 8 mesi avuti comminati in primo grado. L’imputata, che nella scorsa udienza, nel corso di lunghe dichiarazioni spontanee, ha ammesso la sua relazione con il capo mafia latitante, ha spiegato di aver saputo soltanto in un secondo momento chi fosse veramente l’uomo.
La donna, oltre a prendersi cura del padrino di Castelvetrano, ne ha curato per anni la corrispondenza, consentendogli di rimanere in contatto con i familiari e altri uomini d’onore. La coppia di coniugi, in cambio, hanno avuto da Messina Denaro regali come un Rolex che il boss acquistò per il loro figlio. Emanuele Bonafede è il cugino di Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità al boss ricercato.
Inoltre, secondo l’ipotesi della Dda del capoluogo siciliano, i due coniugi avrebbero fatto da vivandieri e da ospiti di Messina Denaro, anche nel periodo del lockdown per la pandemia. Con loro il superboss trascorreva molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia, i Bonafede gli offrivano «un contesto domestico-familiare» e gli consentivano di incontrarsi con numerose persone. I due avrebbero anche fatto controlli per verificare se in giro ci fossero uomini delle forze dell’ordine, in modo da assicurare una comoda latitanza al boss.