Piazza di spaccio e truffe informatiche: 20 misure cautelari nel Napoletano

di Chiara Langella

Sequestri per oltre 550mila euro. La droga acquistata con le Postepay

Attraverso l’utilizzo di specifici «spicciatori», avevano attivato centinaia di carte Postepay sulle quali confluivano le somme di denaro degli acquirenti. Non acquisti legali ma legati al mondo della droga. Una rete emersa da un’indagine partita quattro anni e mezzo fa, in piena emergenza Covid, a seguito di una sparatoria avvenuta a Pompei.

Per questo motivo gli agenti della squadra mobile della Questura di Napoli e del commissariato di polizia di Pompei hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal gip del tribunale di Torre Annunziata su richiesta della Procura, nei confronti di venti persone accusate a vario titolo di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere, frode informatica e riciclaggio.

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In particolare, per due degli indagati è stata disposta la custodia in carcere, mentre per altri cinque è scattato stato l’obbligo di dimora nel comune di residenza e per un altro il divieto di dimora nella provincia di Napoli. Ancora da eseguire una misura nei confronti di un indagato che attualmente si trova all’estero. Inoltre, nei confronti di 19 indagati è stato disposto il sequestro preventivo per un importo totale di 553.633 euro.

Le indagini da maggio 2020

Le indagini hanno avuto origine nel maggio 2020, a seguito di un intervento della polizia per l’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco a Pompei. L’indagine consentiva di accertare come il fatto fosse riconducibile alla gestione di una piazza di spaccio di droga. Veniva così ricostruita una ramificata attività di spaccio tra Pompei e i comuni limitrofi.

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Veniva appurato come diversi «clienti» avessero una sorta di conto con il loro spacciatore, dal quale «scalare» periodicamente il debito legato all’acquisto della sostanza stupefacente. Inoltre veniva accertata l’esistenza di un’articolata associazione finalizzata al riciclaggio di denaro, profitto di truffe informatiche. Le conversazioni intercettate secondo gli inquirenti hanno messo in evidenza come alcuni degli indagati coinvolti nell’attività di spaccio si dedicassero anche al reclutamento dei cosiddetti «spicciatori», soggetti ai quali fare attivare carte Postepay Evolution sulle quali confluivano ingenti somme di denaro provenienti da carte prepagate.

Queste somme, sotto la costante supervisione degli indagati venivano ritirate dagli intestatari delle Postepay nelle ore immediatamente successive all’accredito, al fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Gli inquirenti hanno anche appurato come l’ingente flusso di denaro avrebbe avuto origine anche da numerose frodi informatiche effettuate su tutto il territorio nazionale.

Il denaro, ritirato agli sportelli automatici e agli uffici postali, veniva poi consegnato dagli «spicciatori» ai «reclutatori», ai quali veniva corrisposto un compenso di circa 50 euro ogni 1.000 recuperati.

Solo una delle «paranze»

Secondo la polizia, il gruppo criminale individuato dalla polizia sarebbe stato solo una delle «paranze» dipendenti da un «livello superiore», al quale l’associazione a delinquere faceva riferimento per l’indicazione delle carte e dei soggetti ai quali far confluire il denaro provento delle truffe.

In particolare le indagini hanno permesso di accertare complessivamente 68 truffe, tutte denunciate dalle vittime e tutte eseguite con il sistema del «finto operatore di poste italiane», per un importo complessivo di 580.621 euro: «Dati sicuramente parziali – fa sapere in una nota il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso – rispetto all’attività di un’associazione che, per quanto emerso, operava sull’intero territorio nazionale»

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