Il retroscena raccontato da Cerrato: «Cosimo pose condizioni inaccettabili: chiese a Pagano di ammazzare Amato, Calzone e Carriola»
Carmine Cerrato lo chiamavano più per soprannome che per nome. «’A recchia», dicevano. Non per essere offensivi. Più che altro per distinguerlo dal cugino omonimo che invece veniva chiamato «Takendò». Stesso nonno, nome e cognome uguale. Stesso destino per i due Cerrato.
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«’A recchia» era uno scissionista della prima ora. Uno di quelli che la spaccatura dai Di Lauro l’ha vissuta dall’inizio. Che ne conosce ragioni e modalità. E anche lui, come altri pentiti, racconta che il momento di rottura è arrivato quando Paolo Di Lauro decise di far entrare i figli «nella divisione delle quote relative al narcotraffico ossia allo smercio dei grossi quantitativi di stupefacente, del tipo cocaina, che Lello Amato procacciava per l’intero clan Di Lauro, acquistandolo direttamente dai colombiani, con trattative svolte sia in Colombia che in Spagna. Si parla di oltre 1000 chili a carico, che avvenivano due o tre volte l’anno». Per questo Amato decise di allontanarsi da Secondigliano.
Ma le cose erano cambiate. Cosimo Di Lauro seppe delle lamentele di Amato con il padre e, di conseguenza, i rapporti con ‘O Lello si incrinarono. «Cosimo era subentrato al padre a capo del clan – aggiunge Cerrato – per cui Amato ed i suoi se ne andarono in Spagna e si stabilirono a Malaga prima, e a Barcellona poi». Ma la guerra non era scoppiata: «Era in atto un allontanamento pacifico, tant’è che, nel gennaio del 2004, ci fu un incontro con Cosimo Di Lauro per verificare la possibilità di rientrare a Napoli e svolgere attività illecite pacificamente, come gruppo autonomo nel comune di Casavatore».
L’incontro fu organizzato: «Il mediatore tra noi e Cosimo Di Lauro lo fece Gaetano detto Spasiello, affiliato al clan Di Lauro e morto ammazzato il 1° novembre 2004». Furono gli scissionisti a ucciderlo.
Il progetto di trasferimento a Casavatore
«L’incontro avvenne a Casavatore con le seguenti modalità – racconta il pentito – Carmine Pagano fu dato in consegna a Spasiello, che lo portò nella zona cosiddetta nei pressi di piazza Zanardelli, dove fu tenuto in consegna da Marco Di Lauro, Salvatore Tamburrino, Giuseppe Prezioso detto ‘A Befana, e altri che non ricordo».
«Da noi a Casavatore – continua Cerrato – vennero Cosimo e Ciro Di Lauro». L’incontro avvenne all’interno di un palazzo in abitazioni di conoscenti degli Amato-Pagano. «C’erano due case su uno stesso ballatoio, in una eravamo nascosti, all’insaputa di Di Lauro, io, Rito Calzone e Ciro Caiazza, tutti armati con pistole a tamburo e automatiche; nell’altra casa c’erano Cosimo e Ciro Di Lauro e Cesare Pagano».
Cesare comunicò a Cosimo quali erano i soggetti, affiliati al clan Di Lauro, ora passati con lui e con il cognato Lello, gli nascose però i nomi degli altri affiliati che non si erano ancora dichiarati contro Cosimo «come noi, ma che ci avevano già detto di essere d’accordo come i Pariante, gli Abbinante e quelli di Mugnano». «In particolare, – aggiunge Cerrato – i capi di Mugnano, Duro e Panico, ci stavano già procurando delle case di nascosto a Cosimo Di Lauro».
Era come una partita a poker. Le carte erano coperte, ma le strategie e i movimenti erano febbrili. Quello che apparve chiaro è che si andava verso la guerra. «Cesare ci disse che Cosimo, appresi i nomi di quelli che avevano voltato la faccia al clan, non avendo saputo di tutti gli altri che lo volevano abbandonare, era d’accordo ma a condizione che Lello Amato restasse per sempre in Spagna». Poi il pentito fece riferimento a un’altra condizione messa da Cosimo: «Cesarino avrebbe dovuto uccidere Lucio Carriola e Rito Calzone perché, pur non essendo della famiglia di sangue Amato-Pagano, avevano lasciato il clan Di Lauro e avevano seguito Lello Amato». Pagano disse a Cosimo che erano condizioni inaccettabili.
L’ordine di uccidere Duro e Panico
A Napoli si dice: «Solo quello che non si fa, non si viene a sapere». Cosimo Di Lauro, dopo il summit fallito, apprese che Duro e Panico erano passati con Amato. A dirglielo fu Fulvio Montanino che, a sua volta, lo aveva saputo da un costruttore di Mugnano.
A quel punto Cosimo diede l’ordine di uccidere Duro e Panico, «ciò mi è stato raccontato in seguito da Arcanelo Abete e Vincenzo Notturno – spiega il collaboratore – in quanto erano stati gli esecutori materiali del duplice omicidio, insieme a Fulvio Montanino, se non sbaglio Sarracino, il fratello di Vincenzo, ossia Gennaro Notturno; alla fase organizzativa di questo duplice omicidio avevano partecipato anche Gennaro Marino e Raffaele Amato mi disse che l’appoggio per i killer di questo omicidio lo aveva fatto Genny “‘a puttana” che aveva una casa a Mugnano».
«Uccidi Lello Amato»
Cosimo fece nuove richieste a Cesare Pagano che, se accettate, avrebbero determinato la possibilità per gli scissionisti di insediarsi a Casavatore come clan autonomo e alleato nei traffici di droga. Ma le condizioni erano ancora meno accettabili: «Cosimo chiese a Cesare di uccidere Lello Amato, Giacomo Migliaccio, Rito Calzone, Lucio Carriola, di fargli sapere quando si sarebbe eseguito l’omicidio di Lucio, così lui avrebbe fatto uccidere il padre di Carriola; Cosimo diceva che lui si sarebbe incaricato di fare uccidere Biagio Esposito perché sapeva che si trovava a Ravenna». Cesarino rifiutò, e Cosimo «gli disse che sarebbe morto insieme a suoi compagni».
Gli «spagnoli» derisi in piazza da comici e neomelodici
Dopo quell’incontro tornarono tutti in Spagna, a Malaga. Tra aprile e maggio del 2004 si trasferirono poi a Barcellona. Nel mese di agosto i parenti di Amato subirono insulti e fastidi da parte degli affiliati ai Di Lauro.
«Il padre di Rito Calzone, non ricordo se qualche mese prima, fu picchiato e perse i denti – illustra Cerrato – Lo zio di Lucio Carriola fu ucciso, e nelle feste di piazza che si tennero in quel periodo al Terzo Mondo e in piazza Zanardelli, venivamo derisi pubblicamente mentre si esibivano dei cantanti neomelodici e dagli stessi comici che facevano gli spettacoli». Fu a quel punto che Raffaele Amato e Cesare Pagano decisero che bisognava tornare a Napoli e fare la guerra a Cosimo: «Cesare arrivò agli inizi di settembre e si appoggiò nei pressi di Varcaturo, zona Lago Patria».
L’inizio della guerra
«Fummo raggiunti in Spagna da Vincenzo Pariante, fratello di Rosario, e Arcangelo Abete. – dice il pentito – Si sono incontrati a Sitges con Raffaele Amato ed eravamo presenti all’incontro io e Carmine D’Ario. I due ci dissero che Rosario, dal carcere, aveva detto che si poteva iniziare la guerra contro Cosimo». Anche Raffaele Abbinante, a sua volta lui detenuto, era d’accordo. «Loro ci dissero che si stava già preparando un agguato ai danni di una persona molto vicina e di fiducia di Cosimo Di Lauro, ovvero Fulvio Montanino. Il commando che doveva operare era composto da Vincenzo Notturno, il fratello Gennaro, Arcangelo Abete, e Ciro Mauriello. Dissero che per poco l’agguato non era già riuscito mentre il commando era appostato in un Fiorino bianco».
Ma il progetto era ancora più ardito: «Amato disse che Cesare era già sceso giù a Napoli e stava verificando la possibilità di commettere un agguato a Casavatore». Stava verificando la possibilità di uccidere direttamente Cosimo Di Lauro.
Un bazooka per sterminare i Di Lauro
Il pm chiede se avesse mai avuto l’intenzione di uccidere Paolo Di Lauro e i suoi figli. La risposta di Carriola è perentoria: «Dico di sì, in quanto mio cognato Biagio, alla presenza anche di Lucio Carriola, ci disse che Amato gli aveva detto, ad ottobre 2003, quando avevano ancora contatti per la droga mentre Biagio era già a Ravenna, di avere pensato e proposto un agguato contro Di Lauro e i figli che doveva essere eseguito il 31 di dicembre del 2003».
Amato conosceva bene le abitudini di Paolo Di Lauro, sapeva che in quell’unico giorno tutta la famiglia Di Lauro si riuniva nell’abitazione di via Cupa dell’Arco. E pensò anche alla modalità: avrebbero utilizzato un bazooka posizionato su di un camion da portare nella zona retrostante la casa di Ciruzzo: «Amato aveva un bazooka, di cui parlava spesso, che io non ho mai visto e che lui non ha mai usato – dice Cerrato – anche se, nella organizzazione di diversi omicidi, egli ha fatto riferimento a tale arma. Ricordo anche che Notturno chiese ad Amato in prestito questo bazooka per usarlo contro O’ greco, ossia il padre di Beverone, che aveva detto, durante la faida, di volere uccidere Enzo Notturno»