Decisive le dichiarazioni di «Friariello» per svelare i business dei De Martino e dei De Luca Bossa-Minichini
Rosario Rolletta nell’ambiente della mala di Ponticelli era noto come «Friariello». Il 4 dicembre del 2020 si presentò spontaneamente ai carabinieri di Cercola e disse: «Voglio collaborare con la giustizia». Nel successivo verbale ha ricostruito la sua affiliazione al clan De Martino, le alleanze e il successivo scontro con i De Luca Bossa-Minichini-Casella e ha reso dichiarazioni dettagliate sull’agguato da lui subito identificandone i presunti autori. La sera precedente al pentimento, venti minuti dopo la mezzanotte, alcuni esponenti del gruppo De Martino si erano recati fuori alla sua abitazione tendando di sfondare la porta di ingresso. Poi, intorno alla mezzanotte a Rolletta arrivò una videochiamata.
L’interlocutore voleva che sua moglie e suo figlio scendessero «per andare ad occupare una casa del rione popolare». Rolletta mangiò la foglia, capì che poteva trattarsi di un’imboscata e disse di no; un altro analogo episodio era accaduto «nella notte tra domenica e lunedì», quando disse di aver udito il tipico rumore dello «scarrellamento di una pistola» provenire dalla cucina dei suoi genitori e poi qualcuno che diceva «Carabinieri».
Dopo essersi sincerato che in quel momento non era in corso alcuna operazione di polizia, sentendo che l’intruso si stava avvicinando alla stanza di suo figlio, scappò via, ma in seguito sua moglie gli riferì che ad entrare in casa era stato il “Gabibbo”, ovvero Vincenzo Di Costanzo (uno degli arrestati nell’operazione). Avrebbe minacciato con la pistola anche la moglie.
Quando «Gabibbo» entrò in casa con una pistola
Rolletta era inserito nel clan De Martino che, in passato, era stato alleato al cartello De Luca Bossa-Minichini-Casella. Poi è scoppiata la guerra tra le due organizzazioni dopo che Carmela Ricci, moglie del capo clan Francesco De Martino nonché madre di Antonio, è tornata in libertà. Rolletta non subì solo minacce, ma anche un agguato. Raccontò di essere stato seguito da sotto la sua abitazione e di essere stato raggiunto in prossimità del ponte di Caravita: la convocazione che ha preceduto l’agguato fu fatta via whattsapp da un soggetto che aveva chiesto a Rolletta di presentarsi a Ponticelli a casa di De Martino per consegnare la sua macchina.
Un proiettile gli sfiorò la nuca
Era il 1° novembre del 2019, quando un commando composto da varie persone che viaggiava a bordo di una Fiat Panda grigia affiancò, all’altezza di via Argine a Ponticelli, la Clio sulla quale viaggiava Rolletta. I sicari fecero fuoco più volte. Due proiettili centrarono la portiera lato guida della vettura. L’uomo fu colpito a una spalla, con foro di entrata e uscita e, di striscio, alla nuca. La Panda, a quel punto, si defilò e Rolletta, a bordo della sua Clio, proseguì fino a giungere all’ospedale Villa Betania per farsi medicare.
Lì parlò con gli agenti che ritennero che il commando avesse sparato per uccidere. Ma chi avrebbe voluto colpire Rolletta? Dagli archivi emersero i suoi trascorsi con i De Micco. Fu arrestato nel 2018 nel blitz contro i cosiddetti ‘Amici di Cercola’, in tempi più recenti si era avvicinato ai De Martino. Nel triangolo Volla-Ponticelli-Cercola, in quel periodo, si combatteva una guerra.
Prima di lui c’era stato il ferimento di Rodolfo Cardone, il 23enne che, il 7 ottobre, mentre si trovava proprio lì in via Fratelli Grimm, all’esterno del bar Royal, fu raggiunto da alcuni colpi di pistola. Le indagini fecero emergere una pista chiara che portava al gruppo Casella. Dopo Cardone ci fu altro sangue. A tre giorni dall’agguato in fu ferito Luigi Aulisio, detto Alì, cognato dei fratelli Casella, centrato ad entrambe le spalle sempre in via Argine.