Con due avversari agguerriti come De Pascale e Landini, anche se non lo dicono, a caccia della sua poltrona, Elly non avrà vita facile
Bisogna saper perdere. Non è facile, ma la Meloni ha dimostrato che si può fare. Dopo la doppia sconfitta – nel rivolgere ai due neo governatori: De Pascale in Emilia Romagna e Proietti in Umbria, le congratulazioni per il successo e gli auguri di buon lavoro, per l’impegno che li attende, e ha ringraziato per «la dedizione dimostrata» i candidati del centrodestra – Ugolini e Tesei – ha detto che «il risultato rafforza il bipolarismo» e di sperare in «una collaborazione costruttiva per il futuro delle due comunità».
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Auspicabile ma se il neo governatore emiliano, De Pascale si è detto disposto a incontrare la premier e «lavorare insieme», quella umbra, Proietti, ha risposto andandosene a ballare, sulle note della rituale «Bella ciao» sotto palazzo Donini, sede della Regione. Di più, c’è il rischio, che questi due successi – seppure dopo 11 sconfitte – possano convincerli, che la strategia del livore che stanno portando avanti, sia quella giusta per tornare a vincere e far saltare il governo. Salvo doversi, prima o poi, rendere conto che l’aver mantenuto (seppure con oltre 16 punti di vantaggio) l’Emilia da sempre feudo della sinistra e recuperato (con un margine più striminzito, ma comunque significativo, di 5 punti) l’Umbria, anch’essa guidata fino al 2019 dalla sinistra, in concreto non cambia alcunché e lascia tutto come prima.
Il centrodestra in Parlamento è sempre maggioranza, a livello regionale può contare su 13 governatori, contro i 6 del centrosinistra e FdI con il 30% resta primo nei sondaggi. Allora si accorgeranno di aver fatto tanto rumore per nulla. E, quindi, potrebbero decidere di continuare a solleticare la piazza, perseverando nella strategia dell’odio, diffondendo rabbia. Rischiando così, davvero di farla esplodere.
Il sindacalista «re»
Sono passati ben 146 anni, da quando con la morte di Pio IX, è finita l’epoca dei Papi «re», ma Landini pensa sia arrivata l’ora di sostituirla con quella del sindacalista «re», sommando a quello sindacale il potere politico, detronizzando la Schlein – con la quale va d’accordo solo per le menzogne e il livore contro il Governo – dalla guida del Pd e dell’opposizione che sta evaporando. Non è un caso che, subito dopo aver evocato la «rivolta sociale» (di cui le aggressioni agli agenti, degli ultimi giorni in piazza, nelle università e l’impedimento agli studenti di Azione universitaria di distribuire volantini, il camion di letame scaricato davanti al Ministero degli Interni potrebbero essere le prime avvisaglie) abbia immediatamente provveduto a scendere in campo per sostanziare le sue minacce.
Ha detto «no» all’invito del sindaco Gualtieri a sottoscrivere un patto fra Istituzione e organizzazioni sindacali per evitare scioperi nei giorni più significativi del Giubileo, poi, ha pensato di fermare la Sanità, ma medici e paramedici che conoscono bene di chi sono le responsabilità delle loro difficoltà, lo hanno lasciato solo; poi stop ai treni e il 29 novembre all’Italia. Nel frattempo ha spinto la Cgil a lasciare il tavolo delle trattative con Poste italiane.
Ma, a ben vedere, la conferma più significativa delle manovre di Maurizio contro Elly – che, però, sembra non essersene accorta, ma forse finge – è in una dichiarazione decisamente sibillina – in perfetto politichese e senza alcun contatto con le questioni che attengono il sindacato – ma chiaramente leggibile di qualche giorno addietro. Con la quale ha colto «due piccioni con una fava» per l’ennesima delegittimazione del governo che «ha la maggioranza in Parlamento ma non nel Paese» e ne «approfitta»; e di Schlein e opposizione che non riescono a farne tesoro. Evidentemente ritiene occorra innalzare ancora di più il livello dello scontro.
La strategia della conflittualità
Sicché, oltre la «rivolta sociale», il «no» a rendere meno conflittuale l’anno giubilare. Se ne ricava quindi, anche alla luce dei comportamenti attuali, che l’anno prossimo – «Giubileo» o meno – Landini non intende cambiare registro, ma continuerà a preferire la strategia della conflittualità permanente contro un governo che non gli piace, non per ciò che – a suo dire – «non fa» in concreto, bensì per i valori di cui si nutre.
Diciamola tutta. Di questo 2 a 0 Schlein può essere soddisfatta come leader del Pd, ma non per se stessa. Da domani dovrà vedersela con due avversari. Entrambi a caccia della sua poltrona: il neo governatore emiliano, De Pascale aperto alla collaborazione col governo per la difesa del territorio e Landini che, invece, pretende di parlare per tutti. Anche per lei. E non avrà vita facile. Se, poi, si aggiunge, l’ok – a dispetto del suo «no» – di Bruxelles a Fitto vice presidente Ue, più che da festeggiare è da confortare.