Pd in pezzi, De Luca non si ferma: «È ora di riaprire i manicomi»

di Marika Aiello

Il governatore, non contento della spaccatura, continua ad attaccare

«Si fanno dibattiti sul mandato, che però significa solo una cosa: non interrompere un lavoro che richiede anni, fatica immane, conoscenza dei problemi. C’è la necessità di dare continuità al lavoro. È sconvolgente, come si fa a non capire una cosa del genere». Il giorno dopo aver incassato la legge regionale che gli spiana la strada alla candidatura alla Regione Campania – tra un anno, per la terza volta consecutiva – Vincenzo De Luca rompe il silenzio.

Ed attacca i suoi avversari: «Sono degli irresponsabili. Ci sono componenti politiche che vivono fuori del mondo, non sanno cos’è una persona in carne e ossa, se ne fottono». De Luca interviene all’inaugurazione di un centro per l’autismo a Bracigliano, in provincia di Salerno (Salerno). Di strutture così, dice, ne servono almeno dieci in tutta la Campania, ma «in questo come in tutti i campi più importanti serve un lavoro di lungo periodo. Cominciare daccapo significa perdere due anni solo per capire come organizzarsi». De Luca si accalora, ma poi chiude come al solito ironico e sferzante: «È proprio vero, la riforma più urgente da fare in Italia è la riapertura dei manicomi, vista la quantità di squinternati che c’è in giro», dice.

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E torna a estrarre dalla tasca il cornetto rosso portafortuna esibito ieri in Consiglio regionale prima della votazione: «Ieri, per sfottere un collega, mi è capitato di cacciarlo fuori. E nientemeno esce tra le prime notizie, ‘De Luca tira fuori il cornetto’. Che diamine, bisogna sempre guardarsi intorno». Da parte di De Luca nessun riferimento diretto alla posizione del Pd nazionale, dopo che Elly Schlein ieri sera ha ribadito: «possono votare tutte le leggi regionali che vogliono, ma la nostra posizione è chiara e non cambia. Il Pd non supporterà presidenti uscenti che hanno già fatto due mandati. Le regole valgono per tutti».

Il passaggio tecnico

E mentre i vertici dem campani tacciono, i consiglieri regionali che ieri hanno votato la legge provano a ripetere che si è trattato solo di un passaggio tecnico e che la scelta del candidato sarà frutto di «un ragionamento collegiale con tutte le forze politiche della coalizione». Ma che De Luca possa non candidarsi appare oggi inverosimile. Del resto, lui stesso ha ripetuto più volte che intende farlo.

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In questo caso, se la spaccatura non dovesse ricomporsi, il Pd dovrebbe esprimere un altro candidato, condiviso con il M5s ed altre forze di sinistra, mentre il centrodestra probabilmente correrà unito, con un Fulvio Martusciello, di FI, che scalpita: «De Luca può votare per il terzo, il quarto, il quinto mandato, tanto vinciamo noi», ha detto oggi, ricordando che nella sua carriere politica ha vinto «ininterrottamente», superando i centomila voti personali.

Il ruolo di Gaetano Manfredi

E proprio Martusciello, che nei giorni scorsi aveva ufficializzato l’appoggio di Forza Italia a Gaetano Manfredi nella sua corsa a presidente dell’Anci, oggi ha ritirato il sostegno. «Massimiliano Manfredi si è reso ridicolo e ha indebolito la candidatura del sindaco di Napoli alla presidenza dell’Anci», dice Martusciello, facendo riferimento al fatto che il fratello del sindaco, consigliere regionale, ha votato la legge che sancisce la ineleggibilità dei sindaci dei Comuni fino a 5000 abitanti alla Regione (quella per i Comuni più popolosi è già prevista), una disposizione contro cui nei giorni scorsi si era scagliata Anci Campania.

Lo stesso Gaetano Manfredi, ieri sera, aveva preso le distanze da quel voto, affermando che i sindaci «non devono avere alcuna limitazione per un’eventuale candidatura alle regionali», ma quel che è fatto è fatto. E non a caso il principale competitor di Manfredi alla guida dell’Associazione dei Comuni, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, ha preso oggi la palla al balzo per stigmatizzare il voto campano: «credo che una legge che impedisce ai sindaci di partecipare allo svolgimento della vita democratica della loro comunità sia sbagliata».

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