Arturo Muselli: «Gomorra serve a educare, non bisogna guardarla con superficialità»

di Maddalena Villano

L’attore a ilSud24: «La realtà di oggi è pericolosa. C’è violenza sui social, commenti pieni di odio»

«Ero un bambino molto timido», racconta Arturo Muselli, riflettendo sulle sue radici artistiche. «Avvicinarmi al teatro significava anche cercare di migliorare questa mia timidezza». Così, dalla necessità di superare una sfida personale, è scaturita quella che sarebbe diventata una scelta di vita. «Non ho mai voluto fare l’attore per essere famoso. È sempre stata una scelta di espressione, per capire la società in cui vivo e poterla vivere».  Si apre con una riflessione profonda l’intervista di Arturo Muselli a “ilSud24”.

L’attore, conosciuto al grande pubblico per aver interpretato Enzo SangueBlu in “Gomorra”, Marco Palma in “Resta con me” e molti altri, racconta con sincerità le radici della sua passione per la recitazione e il suo rapporto con l’arte che spazia dal teatro, alla fotografia fino al grande schermo.

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Il percorso di un attore

Non ha dubbi: il percorso di un attore, per lui, è sempre stato un viaggio intimo e complesso, «una scelta di espressione», in cui il teatro e il cinema diventano strumenti per esplorare e comprendere il mondo.

Parlando di recitazione, però, ci tiene a precisare: «Dipende da cosa cerchi. L’interpretazione può essere semplice, se ci si limita a dire le battute. Ma può diventare un’esperienza più complicata, se vuoi rendere autentico ciò che esprimi, se vuoi dargli un’impronta personale e mostrare i lati più viscerali e sinceri di te stesso. Se vuoi, attraverso il personaggio che stai interpretando, mostrare le tue emozioni, le tue fragilità, le tue ombre e le tue paure. Diventa rischioso, un continuo salto nel buio. Un viaggio complesso, fatto di rischi e scelte».

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L’attore, che ha interpretato ruoli molto diversi tra loro, rivela di non essersi mai sentito completamente simile a uno dei suoi personaggi: «Non c’è un personaggio che sento più aderente a me», dice.

Gomorra

Per quanto riguarda Enzo “Sangueblu”, racconta il profondo lavoro di trasformazione e comprensione sia fisico che psicologico. «Guardandomi allo specchio, ho dovuto accettare come il mio aspetto fisico potesse trasmettere violenza all’esterno», riflette. «All’inizio avevo capelli lunghi e occhi azzurri, ma diventare Enzo ha richiesto un cambiamento radicale: rasato, tatuato, vestito di nero, una barba minacciosa. C’era un’estetica che evocava un estremismo».

Questo personaggio, così imponente, affonda le radici in esperienze viscerali che Muselli ha osservato e vissuto camminando per strada, sentendo le vibrazioni di un’umanità spesso invisibile. «Il personaggio di Sangueblu ha una complessità che lo rende umano, mosso da sentimenti universali come il potere e la vendetta, ma anche da un forte senso di rivincita».

La serie “Gomorra” oltre ad avere avuto un ingente successo, ha anche ricevuto critiche per presunti messaggi negativi, e Arturo si esprime con cautela sul tema. «Il messaggio di “Gomorra” è sempre stato far capire cosa non fare. La serie dovrebbe servire a educare, a mostrare i pericoli della criminalità. Il fine è proprio quello di denunciare il sistema criminale che viene mostrato. Se la si guarda con superficialità, però, il rischio è quello di perdere il significato». Tuttavia, aggiunge: «Certo, Sangueblu aveva valori come l’amicizia e la lealtà, ma tutto il resto è da condannare».

La realtà pericolosa

Sostiene che il vero pericolo è la superficialità con cui si affrontano certi argomenti, parlando anche del pericolo riguardo i social media e dell’influenza che esercitano: «La realtà di oggi è pericolosa. La violenza sui social, i commenti pieni di odio sotto notizie tragiche… anche ciò dovrebbe preoccupare. Viviamo in una società che va troppo veloce, che lascia indietro i più deboli, senza il tempo di riparare ciò che è rotto».

Prosegue il discorso parlando del cambiamento nella società: «Siamo in un mondo che va troppo veloce. Ci siamo lasciati dietro tanto, anche cose belle degli anni ’80 e ’90. Non sappiamo più leggere le situazioni, e i cambiamenti peggiorano anno dopo anno».

Sostiene ci sia una mancanza di educazione critica tra i giovani, un problema che deriva dalla paura di ammettere di non sapere. «Oggi è come se fosse un fallimento dire “Non lo so”. Preferiamo parlare a vuoto, influenzare senza cognizione di causa, ed è estremamente pericoloso».

Una ricerca che non finisce mai

Muselli, intanto, si dedica alla scrittura e alla ricerca. «È un momento di pausa, un momento di osservazione della società», racconta. Il lavoro “dietro le quinte” è incessante: «Bisogna essere pronti quando arriva un nuovo progetto. Il mio obiettivo è capire cosa emoziona oggi il pubblico, cosa li fa arrabbiare o sognare. È una ricerca che non finisce mai».

E tra progetti teatrali e spettacoli per le scuole, rimane impegnato, sempre alla ricerca della verità artistica. In questa ricerca c’è il desiderio di continuare a esplorare il mondo attraverso l’arte, con la stessa passione autentica che ha segnato i suoi primi passi nel mondo della recitazione. Un viaggio che non smette di indagare l’animo umano e la realtà in tutte le sue sfumature, ricordandoci quanto sia importante non accontentarsi delle apparenze.

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