Napoli, oltre la repressione: le radici profonde della violenza giovanile

di Alessandra Mossa

In città serve anche una svolta culturale

Emergenza sicurezza a Napoli. È sempre più frequente per i giovani uscire con coltello o arma da fuoco in tasca. Lo afferma anche il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca durante una delle dirette in cui fa il punto della settimana. Considerando solo le ultime settimane: due giovani di 14 e 16 anni sono stati fermati dai carabinieri nella zona della movida di Chiaia e del centro storico per detenzione di coltelli con lame di oltre 20cm, i genitori avrebbero chiesto scusa; la scorsa settimana Emanuele Tufano, 15 anni, è stato ucciso in una sparatoria nel centro storico di Napoli, probabilmente da coetanei; Gennaro Ramondino, 20 anni, freddato dal migliore amico a Pianura, il suo corpo è stato poi bruciato.

Tornando ancora più indietro, circa un anno fa, possiamo ricordare Francesco Pio Maimone, 18 anni, ucciso con un colpo di arma da fuoco da un coetaneo a Mergellina. Giovanbattista Cutolo, 24 anni, ucciso da un sedicenne con un colpo di arma da fuoco in piazza Municipio per futili motivi. Nessun quartiere pare si possa salvare.

Pubblicità

Le misure repressive

Il presidente della Regione Campania ha introdotto l’ipotesi di misure repressive e di controllo per prevenire o affrontare l’emergenza in maniera efficace. De Luca ha proposto di incrementare le videoccamere di sorveglianza nel centro storico e verificare che quelle installate funzionino, ma non solo. Secondo De Luca sarebbe giusto aumentare anche il numero di agenti in giro per la città. «Non basta la repressione, – afferma il governatore durante una delle sue dirette su Facebook – proporrei un piano straordinario per realizzare la videosorveglianza massiccia su quasi tutto il territorio di Napoli. Almeno nei grandi quartieri, nelle aree della movida».

Poi però afferma di rendersi conto che il problema non è solo strutturale, ma anche sociale. «È chiaro – prosegue De Luca – ci sia un problema culturale, che riguarda anche le forze dell’ordine. C’è un problema di diffusione tra i giovani di coltelli, di pugnali, siamo arrivati alle pistole. Non credo che possiamo contemplare questa situazione. Dobbiamo prendere decisioni. Per quello che ci riguarda siamo pronti a finanziare un piano di videosorveglianza per quasi tutta la città di Napoli. Facciamo un investimento straordinario, se c’è la disponibilità da parte di tutte le istituzioni a realizzare un progetto del genere. Non possiamo contemplare inerti una condizione che è diventata davvero non più tollerabile».

Pubblicità Federproprietà Napoli

Gli fa eco il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il quale finalmente trova un punto di convergenza con il presidente della Regione, anche se cerca di schematizzare gli eventi, distinguendo le motivazioni che hanno spinto i giovani a ritrovarsi coinvolti in episodi simili. Durante la festa dei Giovani Democratici che si è svolta domenica a San Giovanni a Teduccio, il sindaco ha parlato di incremento delle forze dell’ordine, ma ha evidenziato una differenza tra le morti di giovani incensurati e le morti per episodi di camorra. In ogni caso, il problema, così come conferma Manfredi, è culturale.

Il problema culturale

Secondo Salvatore Paternoster, responsabile dell’associazione “Giovani Promesse” che si occupa di disagio giovanile, il problema culturale non può essere risolto con la repressione e l’incremento di forze dell’ordine e di controlli non possono realmente fare da dissuasore a una dinamica così radicata.

In un suo video pubblicato sul suo profilo di TikTok che ormai conta migliaia di follower, Paternoster sottolinea che il problema culturale e sociale va affrontato con la messa a disposizione degli spazi e la promozione della cultura, di alternative alla vita di strada. «A Materdei mancano gli spazi. – dice Salvatore – Non esistono luoghi aggregativi, la mia associazione non ha una sede, non ci sono biblioteche o cinema, non ci sono posti in cui i ragazzi possano andare a divertirsi e riunirsi, al di fuori della strada».

Alternative per i giovani

Lo confermano anche i gestori del Kesté, un’istituzione da 27 anni per la movida partenopea. Sulle pagine social del Kestè compare lo screenshot di un articolo che parla delle dichiarazioni di De Luca riguardo l’emergenza sicurezza e dell’esigenza di un piano straordinario di videocamere di sorveglianza. I gestori delle pagine social del Kesté hanno cerchiato in rosso ed eliminato la parola «videocamere», per sostituirla con la parola «cultura».

«Sono 30 anni – si legge nel post sui social del Kesté – che stanno tagliando fondi alla cultura. Non si investe su alternative per i giovani: sulla musica, sullo sport, sugli spazi urbani dedicati ai giovani, su formazione (sulla meditazione si può dire?). E mò? Continuano a voler investire sulla sicurezza come rimedio alla violenza! Ma ancora lo devono capire che il proibizionismo, che il controllo, la repressione sono esattamente ciò che alimenta tutta la violenza di oggi?».

I luoghi culturali

Nella città più giovane d’Italia, l’amministrazione è ancora tra le più vecchie della nazione. Al Vomero i Giovani Democratici e alcuni esponenti della Municipalità, insieme con Gennaro Capodanno, si stanno battendo per la riapertura della biblioteca Benedetto Croce e anche lì lamentano una mancanza di spazi aggregativi per i giovani. Negli ultimi due anni al centro storico hanno chiuso oltre 7 avamposti che fungevano da luoghi aggregativi e promuovevano la musica dal vivo di artisti emergenti e alternative culturali alla movida ormai fatta esclusivamente di somministrazione di alcolici, salvo per alcuni, pochi, locali.

Il divertimento è diventato un lusso, c’è un ricambio generazionale nella criminalità organizzata dopo le operazioni di arresto dei boss storici. Le «paranzelle» sono sempre più diffuse in città e sempre meno gestibili. Affermarsi con la violenza ad alcuni ragazzini sembra l’unica alternativa per una vita dignitosa, rispettabile e soddisfacente. Negli ultimi mesi sono aumentati perfino i furti e i furti con strappo al centro storico, dove finanche i gestori dei locali ormai lamentano un problema di sicurezza evidente, nonostante le ronde delle forze dell’ordine presenti sul territorio.

«È una città gestita da vecchi, per vecchi – continua il post pubblicato sulla pagina del Kestè – dove il potere lo hanno i vecchi, la camorra e la chiesa. E non si deve cambiare nulla (inteso come ‘non vogliono cambiare nulla’, n.d.r.)! Sempre che i giovani non comincino ad andare a votare, magari qualcosa di nuovo, magari la loro stessa lista civica senza cercare più il sindaco Masaniello… Ci metteremo nei guai di nuovo a scrivere queste cose, ma un’altra sparatoria, un altro ragazzo morto, altra violenza.. non ce la facciamo più a subirla. Ma se parli del potere quello sai che fa? Ti punisce! C’è un mondo che desidera altro. Noi su questo lavoriamo. Vogliamo la pace, l’amore, un’altra cultura. Facciamolo».

© Riproduzione riservata

Setaro

Altri servizi

«Li devo distruggere. Non voglio fare una guerra di camorra, voglio fare una guerra personale!»

Le intercettazioni di Antonio Piccirillo agli atti dell’inchiesta sulla tentata estorsione a Mergellina. La rabbia contro chi si opponeva al loro ingresso nel business...

Ucciso per un’epurazione interna: arrestati i killer 24 anni dopo

I due sarebbero affiliati al clan Contini e al clan Licciardi Fu ucciso in un agguato di chiara matrice camorristica mentre percorreva corso Novara, a...

Ultime notizie