Il retroscena sull’indagine dell’estorsione alla squadra oplontina
Gli inquirenti la chiamano «estorsione ambientale»: è una particolare forma di quel reato che viene perpetrata senza minacce, senza formulare richieste esplicite, ma semplicemente ricordando alla vittima la caratura criminale di colui che si trova di fronte. In pratica la camorra ottiene il risultato desiderato con «il minimo dispendio di energie». Ed è questo il modus operandi del clan Gionta, emerso anche in occasione dell’estorsione ai danni del Savoia Calcio.
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Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri di Torre Annunziata coordinate dalla Dda, è stata proprio quella la dinamica della richiesta estorsiva subita dai dirigenti della società fino al 2022, prima dell’arrivo di Emanuele Filberto di Savoia, estraneo a tutta la vicenda.
La ricostruzione degli inquirenti
Nell’agosto del 2022 il direttore sportivo del Savoia Calcio viene convocato a casa di uno degli arrestati: si tratta di Felice Savino, detto «Peracotta», elemento di spicco del clan Gionta, in quel momento ai domiciliari.
Ad accompagnarlo è un altro degli arrestati, Ciro Scognamiglio. Savino, si aprende dagli atti, riceve la vittima sul lastrico solare dell’abitazione e dopo avergli fatto chiaramente intendere di essere in stato di arresto gli offre «la sua protezione e il suo appoggio… per qualsiasi cosa». A fine incontro Scognamiglio, mentre lo accompagna all’uscita dice al ds: «Bisogna tenerselo buono questo qua». Sta di fatto che qualche mese dopo, nell’ottobre del 2022, il dirigente presenta le dimissioni irrevocabili dall’incarico.
Gli indagati e l’usura
Le misure cautelari notificati dai militari dell’Arma riguardano Felice Savino, 65 anni; Ciro Scognamiglio 44 anni; Salvatore Ferraro, 60 anni; Filomena Bove, 58 anni, e Giuseppe Ferraro, 33 anni. Ai primi due viene contestato il concorso nell’estorsione aggravata e continuata al Savoia.
Ai restanti tre invece l’usura, anche questa in forma continuata e aggravata, risalente al luglio del 2021 e commessa tra Torre Annunziata e le province di Venezia e Rovigo, oltre alle contestuali minacce. L’imprenditore ittico in difficoltà economica, a fronte di un prestito di poco superiore ai 20mila euro era arrivato a dover restituire a causa delle reiterate rinegoziazioni, quasi 45mila euro, di cui oltre 24mila euro solo di interessi, pari a un tasso d’interesse del 162%. E per costringerlo a pagare la vittima sarebbe stata fortemente minacciata.