Manovra, è ancora scontro. Schillaci: «Regioni non hanno ancora speso i soldi per le liste d’attesa»

di Marika Aiello

Meloni insiste: «Come si faccia a sostenere che tagliamo i soldi sulla sanità è un mistero»

Non si placano le proteste sulla manovra: sanità, ricerca ed enti locali lamentano quelli che considerano tagli inaccettabili e chiedono al governo di rivedere le cifre. Ma la premier Giorgia Meloni insiste: «Come si faccia a sostenere che tagliamo i soldi sulla sanità è un mistero», spiega dal palco del centrodestra di Genova, invitando l’opposizione, che annuncia battaglia, ad «usare una calcolatrice». Anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, risponde alle Regioni che temono i tagli e ai medici che lamentano il contratto: «spendano bene i soldi poi vediamo», dice ai governatori che accusa di non aver nemmeno speso i soldi per tagliare le liste d’attesa stanziati dal governo Draghi.

Qualcosa della manovra, però, potrà cambiare. Lo conferma il vicepremier Antonio Tajani: se ne potrà parlare, spiega, dopo i dati del concordato preventivo che a fine mese daranno il quadro su eventuali nuove risorse da usare per estendere il taglio dell’Irpef e abolire la Sugartax. Anche la Lega, che prende le distanze dalle misure sulle pensioni («Non è la riforma della Lega», dice il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon), punta a qualche ritocco in Parlamento.

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Tajani spiega che dopo i dati del concordato biennale per gli autonomi, il 31 ottobre, «se ci saranno buoni risultati chiederemo conto del rinvio della Sugartax e della rimodulazione delle aliquote Irpef». Forza Italia vorrebbe ridurre di due punti l’aliquota del 35% e allargare lo scaglione fino ai 60mila euro di reddito. Se ci fossero poi altri spazi, sarebbero comunque destinati alla riduzione della pressione fiscale, aveva assicurato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Per la Lega significa poter intervenire anche sulla flat tax, portando la soglia oltre gli 85mila euro. «Dipende molto dal concordato preventivo. Io mi auguro ci siano buoni risultati, così in Parlamento potremmo migliorare. Tutto ciò che serve a ridurre la pressione fiscale per noi è fondamentale», ha detto Tajani. Anche la premier ci tiene a sottolineare che la manovra non aumenta le tasse dei cittadini e «non butta neanche un euro in cose cretine».

Le associazioni

Ma è la sanità che continua a dividere. La Fondazione Gimbe parla di «cifre fuorvianti» e «di fronte alla girandola di numeri, spesso interpretati in modo soggettivo o strumentalizzati», ha condotto un’analisi indipendente sui fondi per il settore. Secondo gli esperti «la ‘cosmesi’ sul Fondo sanitario nazionale per il 2025 tradisce ampiamente i proclami dell’esecutivo: l’incremento reale è di soli 1,3 miliardi, rispetto ai 3,5 miliardi annunciati, rendendo impossibile soddisfare le richieste dei professionisti sanitari».

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Lo dice anche il Raffaele Donini, assessore alla sanità dell’Emilia Romagna ma anche coordinatore di tutti gli assessori regionali: «scopriremo che i 3 miliardi e mezzo annunciati non ci sono». C’è poi Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale ordine dei medici chirurghi e odontoiatri che quantifica in 17 euro al mese l’aumento ai sanitari.

L’allarme scatta anche per le Regioni che dovranno fare «scelte drastiche: razionalizzare la spesa, tagliare altri servizi o aumentare l’addizionale Irpef», spiega il presidente del Gimbe Nino Cartabellotta.

Il ministro spegne le polemiche

Ma il ministro della Salute Orazio Schillaci respinge al mittente ogni critica: qualcuno dice che per la sanità «servono soldi» ma «le Regioni non hanno ancora speso i soldi sulle liste d’attesa dati dal governo precedente», attacca.

Meloni ribadisce che «nella storia italiana mai nessuno ha messo sulla sanità quanto questo governo», e invita a prendere «la calcolatrice sul telefono» per fare i conti esatti. La differenza tra quanto spendeva lo Stato italiano nel 2019 per ogni cittadino sulla salute e quanto spende oggi fa 398, spiega la premier, sottolineando lo sforzo in più del governo.

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