Sequestrato il tesoro di Genny ‘Mekkey’ Marino: sigilli a beni per 19 milioni di euro

di Enrico Biasi

Al vertice della famiglia delle Case celesti di Secondigliano ci sarebbe ora un familiare del vecchio boss scissionista

Duro colpo a Gennaro Marino, noto come «Mekkey», ex boss del clan degli scissionisti di Secondigliano. La Guardia di Finanza, in collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha sequestrato beni per un valore complessivo di 19 milioni di euro, frutto delle attività illecite dell’ex capo camorrista.

Il decreto di sequestro, firmato dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli presieduta da Teresa Areniello, è stato emesso su richiesta del sostituto procuratore Vincenza Marra. Cinque i prestanome individuati, attraverso i quali Marino aveva tentato di mascherare il proprio impero economico. Il provvedimento colpisce al cuore il patrimonio accumulato dal boss durante i suoi anni di attività criminale: 18 unità immobiliari distribuite tra Napoli, Melito di Napoli, Vitulazio (Caserta) e Corigliano Calabro (Cosenza), oltre a due imprese nel settore della distribuzione di carburanti e della compravendita immobiliare, con sede a Napoli e Arzano.

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Gennaro Marino, oggi cinquantacinquenne, è un volto noto della malavita partenopea. Arrestato nel 2004, sconta una pena che lo vedrà dietro le sbarre fino al 2077. Pluripregiudicato, è stato condannato per reati che vanno dall’associazione mafiosa al traffico di stupefacenti, dall’omicidio al sequestro di persona, sino alla distruzione di cadavere.

La faida di Scampia

Ma il suo nome è legato soprattutto alla sanguinosa faida di Scampia del 2004, quando le strade dei quartieri di Secondigliano e Scampia, e quelle dei comuni limitrofi come Melito, Mugnano, Arzano e Casavatore, furono macchiate dal sangue di decine di vittime.

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Marino, all’epoca, gestiva lo spaccio nelle famigerate «Case Celesti», un nodo strategico per il traffico di droga. Le indagini, corroborate dalle testimonianze di diversi collaboratori di giustizia, hanno confermato il suo legame iniziale con il clan Di Lauro, per poi passare alla guida degli Scissionisti, gruppo criminale che si ribellò ai Di Lauro e che diede vita a una delle pagine più tragiche della camorra napoletana.

Una storia iniziata negli anni ‘80 quando i Marino, su disposizione del clan Di Lauro, si stabilirono nelle ‘Case Celesti’ trasformandole in una delle più importanti piazze di spaccio sotto il controllo di ‘Ciruzzo ‘o milionario’. Un rapporto quello con il boss Paolo Di Lauro e i suoi figli che si interruppe bruscamente nel settembre del 2004 quando dai garage del complesso edilizio partirono i killer che uccisero Fulvio Montanino e suo zio Claudio Salierno. Il ras prese preso il controllo del complesso edilizio di via Limitone di Arzano dopo il delitto Gargiulo.

Del commando che uccise Montanino e Salierno facevano parte anche esponenti dei Marino che, con quel duplice delitto, dichiararono la loro fedeltà ai ribelli Cesare Pagano e Raffaele Amato. Così esplose la prima Faida delle Vele, che si concluse con la vittoria dei ‘ribelli’.

Il comando e la vendetta

Un successo che permise ai Marino di mantenere il controllo del loro feudo sebbene inglobati della ‘federazione scissionista’.  A gestire il gruppo, in quel periodo, furono alcuni parenti di Gennaro Marino, tra cui suo fratello Gaetano. Fu lui a decidere di allearsi con la ‘Vanella Grassi’ quando si registrano le prime fratture che portarono allo scoppio della cosiddetta ‘terza faida’. Una decisione che pagò a caro prezzo. I killer rivali, infatti, scovarono Gaetano sul lungomare di Terracina nel 2012. Una morte che, di fatto, segnò un cambio generazionale. Adesso al vertice della famiglia delle Case Celesti ci sarebbe un familiare proprio di «Mekkey».

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