Ponticelli, dalla pax mafiosa alla faida scoppiata dopo l’agguato a Luigi Aulisio

di Enrico Biasi

Da una parte i De Micco-De Martino, emanazione dei Mazzarella; dall’altra i De Luca Bossa-Casella-Minichini-Cuccaro-Aprea, nella sfera dell’Alleanza di Secondigliano

Droga, gestione delle case popolari e violenza. È il cocktail esplosivo che la camorra aveva preparato a Ponticelli e che ha portato all’esecuzione di sessanta ordinanze cautelari. Al centro dell’inchiesta i De Micco-De Martino.

La Procura ha ricostruito un complesso scenario di criminalità organizzata di un territorio cruciale dell’area orientale. Gli indagati, a vario titolo, rispondono di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al furto, concorso esterno in associazione mafiosa, tentato omicidio, possesso ingiustificato di armi e ordigni esplosivi, estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, furto e ricettazione. Un’inchiesta che abbraccia l’arco di due anni (2021-2022), e che ha documentato l’esistenza della cosca che faceva capo alle famiglie De Micco (nota come Bodo) e De Martino (detti anche ‘XX’), legati a loro volta al potente clan Mazzarella.

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Nella faida ormai decennale nel quartiere di Ponticelli tra il clan D’Amico (noti come Fraulella) e i De Micco, sul territorio di Ponticelli, poi, ha assunto un ruolo predominante il clan De Luca-Bossa che, insieme alle famiglie Minichini, Casella, Aprea e Cuccaro, è espressione dell’Alleanza di Secondigliano. Così i De Martino, parzialmente disarticolati dalle numerose inchieste giudiziarie, hanno dovuto accettare un’alleanza di compromesso con i De Luca-Bossa per la spartizione dei proventi derivanti dalle attività illecite. Alleanza poi naufragata per problemi di spartizione degli affari criminali, soprattutto dopo la scarcerazione di esponenti di spicco di entrambe le compagini.

Il tentato omicidio

Tra gli eventi che hanno favorito la rottura, il tentato omicidio di Aulisio Luigi, esponente del clan Casella, che nel corso delle indagini è stato dettagliatamente ricostruito, come pure un tentativo di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dei gestori di una fiorente piazza di spaccio del rione De Gasperi di Ponticelli, uno dei luoghi di maggiore presenza del sodalizio De Luca-Bossa. Uno scontro segnato anche da una serie di ordigni esplosi nei territori gestiti dai clan.

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L’edilizia popolare

Nel quartiere Ponticelli, il clan De Micco-De Martino aveva messo su «un sistema per controllare blocchi di edilizia popolare per lucrare sulle attività lecite e illecite, ma anche per il controllo personale di chi ci abita». A dirlo è il capo della Squadra Mobile di Napoli, Giovanni Leuci. Per gli alloggi popolari esisteva un prezziario che prevedeva l’assegnazione a famiglie compiacenti, ma il clan lucrava anche nel passaggio – una sorta di vendita dell’alloggio – da un occupante abusivo all’altro. Per una compravendita illegale il costo era di circa 5mila euro se persone non gradite, la metà per gli affiliati. «Ma il clan non lasciava nulla» e incassava anche percentuali sulle truffe, sui furti e sui cavalli di ritorno.

L’evoluzione dello spaccio: dal modello Scampia al delivery

Tra le novità c’è anche «l’evoluzione delle piazze di spaccio», da stile Scampia con ampie zone del quartiere dedicati e turnazioni per i pusher, «alla frammentazione in tante piccole piazze di spaccio, una trentina tra fisse e volanti, sugli scooter, ordini sul telefono e consegne in modalità delivery». Un modo, questo, per «provare a bypassare le pene severe» previste in caso di condanna per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio.

In carcere sono finiti Salvatore Alfuso, Teresa Aprea, Giovanni Braccia, Maurizio Cacciola, Salvatore Cardillo, Rodolfo Cardone, Giovanni Caruso, Francesco Clienti, Francesco Coppola Provitera, Ciro Ivan D’Apice, Umberto Dello Iacolo, Francesco De Martino, Mario Rosario De Martino, Salvatore De Martino, Marco De Micco, Gabriele Di Carluccio, Vincenzo Di Costanzo, Patrizia Di Natale, Pietro Frutto, Giovanni Iasevoli, Gennaro La Rocca, Gioele Lucarelli, Giovanni Marinacci, Antonio Minelli.

E ancora Luigi Minelli, Vincenzo Minelli, Francesco Miranda, Carmine Montagna, Ciro Naturale, Giovanni Naturale, Mario Noto, Nicola Onori, Mariano Pace, Loredana Palmieri, Giovanni Palumbo, Luigi Pangia, Gennaro Paola, Francesco Pignatiello, Maria Pignatiello, Carmela Ricci, Ciro Ricci, Luisa Riccio, Annunziata Rigoni, Ciro Russo, Giuseppe junior Russo, Giovanni Russo, Salvatore Sorrentino, Davide Tomi, Antonietta Uccella, Ciro Uccella, Alessio Velotti, Carmine Verdemare, Ferdinando Viscovo e Bartolo Zuccoia.

Destinatari della misura ai domiciliari senza braccialetto elettronico Maria Braccia, Rosa Clienti, Pasquale De Masi, Antonietta Fontanella, Florinda Fontanella e Maria Lazzaro.

Il consigliere della Municipalità nelle intercettazioni

Nelle pieghe dell’indagine sul clan De Micco-De Martino di Napoli Est, in particolare in relazione alla gestione delle case popolari nel rione Fiat di Ponticelli, emerge anche il presunto coinvolgimento di un esponente della Municipalità che ricopre la carica di consigliere. Nelle intercettazioni inserite nella corposa ordinanza con la quale il gip ha disposto 60 misure cautelari, ricorre più volte il nome del consigliere che non figura nella lista degli indagati. In particolare, emerge il ruolo di intermediazione svolto da un Caf da lui gestito a cui venivano delegate delle pratiche.

Uno dei casi monitorati dagli investigatori riguarda proprio l’acquisto di un alloggio popolare dall’assegnatario di un’abitazione del Rione Fiat, una compravendita ovviamente illegale. Per finalizzare l’operazione però serve il beneplacito di Salvatore De Martino, elemento di vertice dell’omonima famiglia malavitosa componente il clan De Micco-De Martino.

Una volta presi in contatti con il venditore, che è l’assegnatario dell’alloggio, l’acquirente si è rivolto a degli intermediari per avere l’autorizzazione a procedere di De Martino, un lasciapassare che l’avrebbe, peraltro, tenuto al sicuro da ulteriori richieste da parte dell’altra famiglia che compone il clan, cioè quella dei De Micco. Nella somma che l’acquirente avrebbe dovuto versare è compresa la parcella per l’intermediazione del clan (finalizzata a convincere il venditore ad abbassare il prezzo) e anche il pagamento di colui che si sarebbe occupato di redigere le pratiche

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