Ferdinando Sanfelice: l’architetto che ‘disegnò’ Napoli

Con il suo stile rese unici e preziosi tanti angoli della città. Era soprannominato «levat ’a ’sott»

Lo sfarzoso aspetto della nostra Napoli, lo stampo barocco dei suoi edifici e la particolarità dei monumenti si deve anche all’architetto e pittore Ferdinando Sanfelice; uno dei maggiori esponenti del barocco napoletano, la cui impronta ha lasciato un segno indelebile. Grazie a lui possiamo vantare un’originalissima rivisitazione di modelli quattrocenteschi. Le sue opere, a causa delle strutture inusuali, sembravano all’apparenza sempre sul punto di crollare e, per questo venne chiamato dal popolo «levat ’a ’sott», anche se, fortunatamente, sono tutte sopravvissute fino ad ora, restando nei secoli solide e incrollabili tanto quanto la storia che raccontano.

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Ciò che distingue le opere di Ferdinando Sanfelice è l’uso magistrale dello spazio, della luce e del movimento. Le sue architetture non sono semplici edifici, ma vere e proprie scenografie urbane che mettono in risalto il dinamismo e l’imponenza degli edifici.

Chi era Ferdinando Sanfelice

La maggior parte delle informazioni riguardo la vita dell’artista le dobbiamo al suo caro amico Bernardo De Dominici, che ne scrisse una biografia pubblicata nel 1745; descrivendolo alto e robusto, con occhi neri e capelli biondi.

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Ferdinando Sanfelice nacque a Napoli nel 1675 da una famiglia aristocratica; settimo figlio di Camillo Sanfelice e Ippolita Moccia. Dopo aver intrapreso studi militari, seguì la sua vocazione artistica, formandosi presso la bottega dell’architetto Francesco Solimena, una delle figure di punta del barocco napoletano. Sanfelice si distinse rapidamente per il suo talento e la sua visione innovativa, che lo portarono a rivisitare e trasformare i canoni dell’architettura dell’epoca.

De Dominici scrisse: «Ed essendosi applicato ne’ suoi primi anni alle lettere si fe’ ammirare per un ingegno elevato, dando speranza di avere a riuscire uno de’ letterati della sua età, avendo imparato fra breve tempo la latina e greca lingua, e compiuto li studii di filosofia, matematica, e legge, e superava sempre i suoi condiscepoli, si è dilettato di poesia così italiana come latina, vedendosi le sue composizioni stampate in più raccolte».

Il padre lo indirizzò agli studi giuridici e umanistici dove riuscì ad avere ottimi risultati e continuò anche dopo la morte di quest’ultimo dove, sotto guida di suo fratello, si avvicinò maggiormente all’architettura grazie alla promozione del restauro della basilica di santa Restituta. A 23 anni convolò a nozze con Agata Ravaschieri, nel 1698, con la quale ebbe ben 13 figli di cui ne sopravvissero solo 3; morì il 1º aprile 1748.

I lavori che lasciarono il segno

Il primo lavoro di Ferdinando Sanfelice risale al 1701 come ideatore della colonna onoraria nella cappella reale del Tesoro di San Gennaro per il defunto Carlo II di Spagna. Nel 1711 fu costruita, per volere del duca d’Elboeuf, su disegno di Sanfelice Villa d’Elboeuf, magnifica residenza in Portici con una loggetta dalla parte del Vesuvio e due terrazze sul mare. Questa è la prima, cronologicamente parlando, delle 122 ville vesuviane del Miglio d’Oro.

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La fama dell’architetto Ferdinando Sanfelice è legata principalmente a due edifici storici, entrambi situati nel Rione Sanità: il Palazzo dello Spagnolo e Palazzo Sanfelice, che porta appunto il suo nome. Fu qui, in una zona che nel XVIII secolo era considerata più «sana» rispetto all’affollato centro storico contaminato dalle frequenti epidemie di peste e colera, che Ferdinando progetta e realizza la propria residenza privata: l’inconfondibile scalinata aperta, caratteristica dello stile di Sanfelice, compare in molti film ambientati in città, come il celebre «Le quattro giornate di Napoli» di Nanni Loy.

Analogamente caratteristico è lo scalone del Palazzo dello Spagnolo, progettato da Ferdinando Sanfelice su commissione del marchese Nicola Moscati nel 1738. La tipica struttura detta «ad ali di falco» ha ispirato moltissime altre costruzioni dell’epoca, caratterizzando con il suo stile unico ed inconfondibile tutto il periodo del barocco napoletano. Risulta essere un vero innovatore in quanto vediamo che le scale, in passato sempre state laterali e nascoste, qui sono poste dinanzi all’ingresso divenendo le vere e proprie protagoniste e creando un meraviglioso effetto scenografico.

Negli anni Quaranta del Settecento costruì per il re Carlo III il palazzo della Manifattura delle Porcellane e la chiesa di San Gennaro, edificata nel 1745, all’interno del Real Bosco di Capodimonte, l’antica riserva di caccia del re Ferdinando II che il Borbone aveva trasformato in «giardino all’inglese».

Edifici pubblici e religiosi

Oltre ai palazzi privati, Ferdinando Sanfelice ha lavorato anche a numerosi edifici pubblici e religiosi. Tra questi, si ricordano il Palazzo Serra di Cassano e il Monastero delle Trentatré. La sua capacità di adattarsi a diversi contesti e funzioni architettoniche dimostra la sua versatilità e il suo eclettismo stilistico. Non meno importanti sono: la chiesa di S. Maria della Redenzione dei cattivi e della Nunziatella.

Il suo tocco è presente anche nella chiesa di Santa Maria Succurre Miseris che risale al XVIII secolo ed è formata da una pianta centrale e la facciata si caratterizza per il forte andamento plastico che sottolinea l’asse centrale dell’edificio. Fu ideatore anche dell’abbellimento e restauro dell’esterno di Palazzo Filomarino dove realizzò lo scalone in piperno, caratterizzato da una strombatura verso l’interno e ornato da bugne a punta di diamante in marmo bianco, e il portale d’ingresso, anch’esso in piperno, arricchito da una coppia di lesene bugnate e che termina con un fantasioso timpano spezzato chiuso da singolari volute che stringono al centro una decorativa chiave di volta.

Sebbene radicato nel barocco, Ferdinando Sanfelice non si è limitato a replicarne i modelli, ma ha continuamente innovato, sperimentando nuove forme e soluzioni spaziali. Nonostante la sua morte, l’eredità di Sanfelice vive ancora nelle strade di Napoli, dove le sue opere continuano a incantare e a ispirare

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