Il suo nome appare per la prima volta in un documento del 1498
Napoli è, da sempre, la città che non smette mai di sorprenderci con i suoi tesori unici nel loro genere. Tra questi l’affascinante «Fontana della Spinacorona», anche nota come «Fontana delle Zizze». Situata in Via Giuseppina Guacci Nobile, nei pressi dell’antico quartiere di Forcella, questa fontana rappresenta un simbolo enigmatico, ma anche capace di suscitare tanta curiosità. Nota a pochi e non sempre presente negli itinerari turistici nonostante sia considerata da molti esperti un’opera d’arte di alta qualità.
Indice Articolo
Le origini della Fontana della Spinacorona
Non sappiamo con certezza quando fu costruita ma il suo nome appare per la prima volta in un documento del 1498, la platea delle acque. L’attribuzione della stessa è dubbia; infatti anche se da molti, tra studiosi e artisti, viene considerata opera di Giovanni Da Nola non ci sono fonti certe. Fu restaurata grazie al viceré don Pedro Álvarez de Toledo de Zúñiga agli inizi del XVI secolo ed è in questo momento che viene aggiunta la sirena e tre stemmi.
Il nome della Fontana della Spinacorona si deve alla Chiesa di Santa Caterina della Spina Corona a cui è appoggiata che fu costruita nel 1354 per poi essere trasformata in un arciconfraternita della purificazione nel 1850. C’è anche chi sostiene che la fontana ci fosse prima della chiesa, già nel 1139, la quale pare si alimentasse grazie alle acque del fiume Sebeto.
Probabilmente fu costruita lo stesso anno dell’eruzione del Vesuvio quando dal 1138-1139 le eruzioni provocarono quasi due mesi di incendi e fu eretta per una sorta di protezione divina della città contro la furia del Vesuvio. Tra il XIX e il XX secolo fu rimossa per alcuni lavori edilizi per poi essere di nuovo collocata al suo posto d’origine. Dopo il 1920, la protagonista della fontana, fu portata al museo di San Martino e nel 1931 fu realizzata una copia dallo scultore Achille D’Orsi e messa in sua sostituzione.
La sirena: metà donna, metà rapace
L’opera è nota a Napoli anche come la Fontana delle Zizze poiché è rappresentata una sirena con i seni scoperti. La figura in questione è il simbolo partenopeo per eccellenza anche se il mito rappresentato non è quello che tutti immaginiamo. Qui infatti è rappresentata diversamente, o meglio, come erano rappresentate le sirene sin dall’antichità: un rapace artigliato nella parte inferiore e metà donna nella parte superiore con delle ali. La figura della sirena metà donna, metà pesce è nata solo successivamente per addolcirne l’impatto.
La «donna» è rappresentata in modo sovrastante rispetto al Vesuvio con l’acqua che le esce dai capezzoli per frenare la furia del fuoco. In passato c’era anche una scritta in latino, ad oggi scomparsa che diceva: «Dum Vesevi Syrena Incendia Mulcet» per incitare la divinità ad estinguere le fiamme.
Ella rappresenta l’ammaliatrice Partenope, l’antica fondatrice mitica della città di Napoli. Secondo la leggenda, la seduttrice, avendo fallito nel conquistare Ulisse, si lasciò morire nel Golfo e il suo corpo fu trascinato fino alle coste dove oggi sorge la città. La sua presenza nella scultura è un omaggio a questo mito fondativo che indica il forte legame della nostra città con il mare.
L’alluvione
Inoltre, la Fontana della Spinacorona è legata a un episodio storico che risale al 1569; durante un’alluvione, lo straripare del fiume Sebeto minacciava di devastare la città, così la figura femminile, con un gesto benevolo, placò le acque, salvando l’intera comunità dalla distruzione. L’acqua che sgorga dai suoi seni, quindi, non è solo un richiamo alla fertilità e alla vita, ma anche un simbolo di protezione e benevolenza.