Morto in uno scontro tra moto d’acqua, la fidanzata della vittima: «Solo un tragico incidente»

di Chiara Langella

La 20enne: Nessuno aveva assunto droghe o alcool. Mio fratello lo ha soccorso

«Le autorità albanesi hanno rilasciato la salma del mio fidanzato, ci stiamo preparando al rientro in Italia ma voglio sottolineare con forza che si è trattato solo di un tragico incidente, uno scontro improvviso; non avevamo bevuto e neppure avevamo preso droghe: io, il mio fidanzato e mio fratello, siamo e saremo sempre come fratelli». È in lacrime Giusy Di Tella, 20 anni, sorella di Salvatore Di Tella, e fidanzata di Nicola Iorio, 19 anni, deceduto in Albania a causa di uno scontro avvenuto in mare tra due moto d’acqua a Velipoja, zona balneare nei pressi di Scutari. Lì si erano recati con la famiglia per un matrimonio.

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Lei era con il fidanzato deceduto in sella a uno delle due moto d’acqua coinvolte nell’incidente costato la vita di Di Tella e tiene a precisare che «la versione resa nota di quello che è accaduto è piena di errori». Dopo lo scontro, spiega Giusy, «mio fratello si è lanciato in acqua per aiutare Nicola, anche grazie ai soccorsi il mio fidanzato è stato recuperato dalle acque del mare e trasportato in ospedale dove però è deceduto».

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Le forze dell’ordine locali hanno fermato Salvatore Di Tella ritenendolo il responsabile dell’incidente e ipotizzando nei suoi confronti il reato di omicidio colposo. All’Ansa, Giusy, che era sullo scooter della vittima e che è quindi una testimone oculare dell’accaduto, spiega la sua versione dei fatti: «le due moto erano distanti e non eravamo così lontani dalla riva come è stato riportato», tiene a precisare.

La ricostruzione

«Stavo girando un video con il cellulare e quando il mio ragazzo mi ha detto ‘spegni che partiamo’ ho interrotto la ripresa. Pochi attimi dopo c’è stato lo scontro, sul lato destro della nostra moto. Siamo tutti finiti in acqua: gli scooter però sono rimasti in movimento. Adesso il mio cellulare è in fondo al mare ma voglio ribadire che si è trattato solo di un tragico incidente, mio fratello non ha alcuna responsabilità, anche la famiglia del mio ragazzo dice esattamente questo. Ma qui, in Albania, vogliono per forza trovare un colpevole: è per questo che chiediamo una mano alla Farnesina».

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Giusy vuole anche smentire categoricamente le voci di qualcuno che ha accostato la sua famiglia alla criminalità: «mio zio è stato un collaboratore di giustizia e per molto tempo siamo stati sotto protezione. Ma noi con la criminalità non abbiamo nulla a che fare, siamo una famiglia onesta e perbene»

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