«Tredici» è un excursus che ha saputo lasciare senza fiato
Vinicio Capossela, cantautore, polistrumentista, scrittore italiano, nasce ad Hannover il 14 dicembre 1965 da genitori originari della provincia di Avellino. Pochi anni dopo la nascita torna in Italia con la famiglia, che si stabilisce a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia.
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Il suo nome, lontano da tradizioni familiari, è un omaggio al celebre fisarmonicista di cui il padre è fan, Eduardo Alfieri, in arte Vinicio, compositore italiano di colonne sonore cinematografiche. Inizia a crescere nei circuiti musicali underground romagnoli, fino ad essere notato da Francesco Guccini, il quale lo porterà al Club Tenco che lo lancerà.
«All’una e trentacinque circa» è l’album d’esordio di Capossela, prodotto da Renzo Fantini e aggiudicandosi il primo premio Tenco come «Miglior opera prima»; siamo agli inizi degli anni ’90. Nel ’91, nasce il secondo album «Modì», che prende il nome dall’omonima canzone dedicata ad Amedeo Modigliani, un’emozionante ballata che tratta la storia d’amore tra il pittore e Jeanne Hébuterne, anche lei pittrice ma molto più nota per esser stata la compagna dell’artista e per il suicidio all’ottavo mese di gravidanza.
Nello stesso disco ritroviamo «E allora mambo» presente nei titoli di coda del film «Non chiamarmi Omar», dove ne interpreta anche una parte. Successivamente, alcuni dei suoi capolavori saranno scelti da una serie di cineasti inserendo per inserirle nei propri film.
La svolta nel 1996
L’album della svolta sarà «Il ballo di San Vito», siamo nel 1996, definito dallo stesso Vinicio un viaggio con tante «case», mondi a disposizione non stando mai fermo, anime inquiete, tempo perso e guadagnato. In questo album, inizia ad allontanarsi dalle sonorità jazz per toccare un repertorio sperimentale, estroso, un po’ proprio come l’animo magistrale e l’ arte di Capossela.
Di grande imponenza, sarà l’ influenza del cantautore americano Tom Waits, già presente nei dischi precedenti e che continuerà a contrassegnare fortemente Capossela, in studio e dal vivo. Ne verranno poi sigle da lui firmate per programmi televisivi una tra queste: «Scatà scatà (Scatafascio)». Seguiranno una serie di libri scritto dal maestro Capossela, alcuni tratti da personali viaggi, uno su tutti «Non si muore tutte le mattine».
La Targa Tenco e gli altri premi
Il 2000 vede L’album «Canzoni a manovella», premiato dal Club Tenco con la Targa Tenco per migliore album, a pari merito con Amore nel pomeriggio di Francesco De Gregori, e con il disco «Ovunque proteggi» conferma ancora un’altra targa Tenco. L’album salirà al secondo posto nella classifica di vendita dopo pochi giorni dalla pubblicazione. Arriva nel 2006 il premio «Riccio d’argento» dell’orafo celebre Gerardo Sacco come «Miglior live teatrale»; arriva nel 2008 il suo decimo album «Da solo».
Negli anni a seguire riceverà premi di caratura qualitativa a dir poco eccelsa e nell’ambito musicale come cantautore e in tutti i settori che accompagneranno questo viaggio fino ad oggi, dal cinema alla letteratura, dischi sempre in prima linea, attore e cantante in film ed un’artista del genere riceve nel 2009 il «Premio alla carriera» da Mario Trevi all’ottava edizione del «Premio Carosone».
Ormai, completamente affermato nel panorama artistico a 360°, seguiranno poi una successioni di collaborazioni, album dal vivo e non. Ne citiamo alcuni semplicemente per poter suscitare ed incuriosire il lettore non ad una pagina di «elenchi» ma all’aria di un’artista che racconta e porta in vita la poetica cantautorale di cui l’Italia ne fa da Madre da sempre. La metafora, uno dei suoi elementi d’impronta, quello che da alla poesia, la possibilità di un concetto sognante, di immaginazione ma anche di concetti diretti tali da far leggere alcuni dei suoi libri tutti d’un fiato. Arriviamo all’anno 2023, con l’ennesimo Premio Tenco per un album di trasformazione o di continuazione dell’era sociale, della visione del cambiamento del mondo.
Un narrastorie della storia
Possiamo definire Vinicio Capossela, un narrastorie della storia delle epoche trascorse, e che rivivono nei giorni nostri in modo cosi presente, tra lacune mai consolidate e la speranza che ognuno possa sentirsi libero dai concept che ogni epoca mette sul piatto, da dipendenze di etichette che vertono ad una meccanica sociale, globale alla sospensione di qualcosa che continuerà ad accadere, di fatti che pare non trovino sbocchi di unione collettiva fraterna. Messaggi forti e forte è la voglia di poter trascrivere e raccontarvi proprio l’ultimo capolavoloro discografico di Vinicio Capossela.
«13 canzoni urgenti»
«Viviamo in un perenne stato d’emergenza che impatta sugli individui in una società individualizzata e atomizzata per cui ognuno soffre si indigna senza una concreta azione e la fragilità, la stessa indignazione porta una gran solitudine
13 canzoni urgenti, 13 incendi, fuoco che ha a che ha a che fare sia con l’accensione della vita sia col consumo di essa stessa ed in questi brani si vuole ricordare, vivere, » il dono», visto come gratitudine in quanto ormai diventa difficile dare un valore alle cose. La scintilla è legata all’amore; attraverso lo sguardo dell’amore, si puo’ osservare, scardinare cio’ che si è calcificato ed adattato ad una serie di cose insostenibili.
L’idea della dipendenza dell’attualità, il dover esporre opinioni continue, crea invecchiamento, un effettivo senso di inutilità. 13, numero di rottura dell’armonia che aggiunge, numerologicamente, un’unità in più al 12, numero della ciclicità, e quindi obbliga al disordine, alla trasformazione radicale».
Queste le parole di Vinicio Capossela in una delle innumerevoli interviste riguardo quest’ultima opera, con all’attivo sei targhe Tenco, l’ultima proprio con il lavoro discografico citato sopra, ed un premio Tenco alla carriera. Le radici dell’essenza di ogni parola sentita, voluta, concretizzata in questo album, che più che tale, potremmo definirlo il viaggio primordiale, la forza della «banalità». Risalendo all’etimologia proprio di quest’ultima parola, nell’antichità feudale, qualcosa di banale, come un luogo, un apparecchio, era qualcosa il cui l’uso, era concesso all’intera comunità; un’accezione ben diversa da quella odierna.
Le problematiche sociali
La necessità di poter confrontarsi su problematiche sociali importanti, dalle continue catastrofi, tra pandemia, guerre, disagi personali. Un appello unico diretto al cuore della gente, nella sua dimensione più sottile e d’impronta, tutelando la parola «crisi» in quanto canale riflessivo per scelte che possano essere di cambiamento, seppur complesse ma che possano riportare all’essenza e allo stesso tempo alla costruzione del proprio viaggio personale, verso l’amore, l’umiltà, la concretezza, verso il proprio tempo e non ciò che per falso moralismo debba lavorarci ai fianchi senza alcun beneficio di vita.
Emergenze civili, umanitarie, ambientali, sessiste… EMERGENZE. Un’urgenza esistenziale.
Tante le collaborazioni nell’album e tanti i temi trattati, con l’eleganza che solo un’artista di questo calibro, d’epoca moderna puo’ portare in luce senza alcuna sbavatura.
Pubblicazione del disco: 21 aprile 2023 / 13 tracce/ Genere : musica d’autore
«Il bene rifugio»
(testo ed esegesi)
Il mondo cade a pezzi
Il gas sale alle stelle
L’alluminio rincara
Il Brent impenna
La benzina si infiamma
L’oro si rafforza
La speranza si riduce
Ma tu sei
Il mio bene rifugio
La tua fronte macrocefala
Intreccio di vite vinifera
La tua schiena bipartita
La tua vita, la mia vita
Come un segugio a zampe in aria
Mi ribalto e in te fiuto
Il mio bene rifugio
Non c’è argine o confine
Il mondo è andato in folle
Sopra al soffitto
Sta cadendo il cielo
La terra è in fusione
Noi stiamo in effusione
Sotto il filtro del cotone
Mi nascondo e ancora indugio
In te mio bene rifugio
In un sacco di nuvola
Avvolgiamo le ali
In una tenda di Achille
Deponiamo le armi
Tu sei il Bunker
Tu sei il Bund
Tu sei il future
Tu sei l’Arca
Tu sei l’oro
Tu sei l’Uranio
Tu sei il mio bene rifugio
Il tuo cervello rettiliano
Il tuo sistema limbico
Tu che hai acceso i talami
E messo l’oro in bocca al mattino
Se la ragione è in svalutazione
L’amore è rivoluzione
Trasformarsi nella muta
Per evoluzione
Fragile per crescere, per vivere
In un bene rifugio
Il ghiaccio si scioglie
L’acqua è alla gola
Le cascate disseccano
La terra si crepa
La pioggia è un’alluvione
Non c’è più stagione
Tu sei terra fertile
Tu fertile terra
Sei il mio bene rifugio
Fragile per crescere, per vivere
In un bene rifugio.
L’elogio all’amore
Il bene rifugio, è un elogio all’amore, come forza rivoluzionaria, che attraversa i luoghi più intimi delle vene umane, e lo fa incrociando luoghi, usi e costumi storico, sociali, letterali con l’unico fine di carpire, donare, sentire questo bene rifugio. Ognuno di noi, è una serie di angoli convessi che spesso non trovano una quadra o semplicemente non la si vuole vedere, ma cos’è l’amore se non una condivisione, l’unione del bene ed il male che ci conosce ed inevitabilmente ci attraversa?! Così come una società tanto confusa, che vige su stereotipi troppo «chimici» più che carnali. Le etichette che corrono verso clichè, regressioni di un «progresso» saturo e alla deriva.
La pulsione emozionale
Capossela, rimodula questa pulsione emozionale mettendo a nudo, in modo poetico, crudo, una dichiarazione d’amore e di esternazione verso una malsana realtà, sintonizzando ogni emozione su corde consumate dal tempo che avanza, così diverse tra loro tale da non trovare nessun accordo di provenienza simile, ma andiamo per gradi.
Il brano inizia attraversando uno sfondo grigio, quale la guerra in Ucraina, la crisi internazionale, l’aumento di materie prime, l’ impennata del brent mentre il wti cala in vista del rapporto sulle scorte, una mera disperazione di un mondo alla rovescia, continuando il verso ed impostandolo più, sull’ immagine di donna, tanto poderosa, disegnando sulla sua fronte terrena, arbusti rampicanti da cui trarne quel vino di note, linfa di vita che trova il piacere e la stabilità, ebbrezza di leggerezza e costanza.
«La schiena bipartita, la tua vita la mia vita» … bipartita: struttura divisa in due parti contigue di simile entità ed utilizzata anche in musica, i due temi chiamati A e B. Capossela, indica la spina dorsale dell’amata, l’abito migliore, pronto ad armonizzare una melodia d’impatto attraverso una metafora che solo a leggerla spiazza.. e per profondità di pensiero oggettivo e per entità di riferimento soggettivo verso colei.
… «Come un segugio a zampe in aria, mi ribalto e in te fiuto, Il mio bene rifugio». L’uomo, «un animale razionale» definizione nota di Aristotele, che fiuta, intuisce, percepisce, disarmando il suo ventre e rendendolo al sicuro, fiducioso della libertà provata al fianco della Lei, carezza del cuore.
Un testo dalla «meditazione» ricercata a tal punto da vedere lo svanire della terra, del giorno e della notte che non convivono più con la speranza di fondere alba e tramonto, ma solo di quantizzare le ore che le separano.. il sipario crolla, ma su un cielo che profuma di natura: «il cotone», così soffice quanto forte creando nell’immaginario, un tetto e un senso di protezione dei due corpi. L’unica certezza.
«Non c’è argine o confine
Il mondo è andato in folle
Sopra al soffitto
Sta cadendo il cielo
La terra è in fusione
Noi stiamo in effusione
Sotto il filtro del cotone
Mi nascondo e ancora indugio
In te mio bene rifugio»
Accadimenti lontani e vicini
Il verso successivo è un connubio di ispirazioni, tra la storia ormai trascorsa quanto quella attuale, accadimenti lontani quanto vicini, tra righe allegoriche dove entra in scena l’eroe dell’Iliade, invulnerabile, semidio dalla rabbia distruttiva, non in grado di perdonare ne di controllare le emozioni ma di lasciarsi comunque guidare da esse nel bene e nel male; mettere amore su una «chioccia», la tenda di Achille ,che rappresenta per questà divinità, uno spazio d’isolamento, lontano dal frastuono della guerra e dalle miserie umane, deponendo giudizi, conflitti, scontri, combattimenti.
Andando avanti nel verso, Capossela definisce la sua amata una fortificazione militare difensiva, il bunker, un bund ovvero un titolo azionario sicuro, il future, un contratto standardizzato ad un prezzo fisso e con data di scadenza…
In questo verso ritroviamo i primi riferimenti storici; ciò che era, ciò che è stato ed è adesso, poi viaggia sottolineando il valore salvifico dell’arca di Noè, attraversando il giallo dell’oro chiudendo poi con l’uranio, una delle risorse minerarie più ambite dalle superpotenze mondiali. Il suo bene rifugio è «chiave di salvezza senza alcun tempo».
«Avvolgiamo le ali
In una tenda di Achille
Deponiamo le armi
Tu sei il Bunker
Tu sei il Bund
Tu sei il future
Tu sei l’Arca
Tu sei l’oro
Tu sei l’Uranio
Tu sei il mio bene rifugio».
Vertebre salde
Il penultimo e l’ultimo verso vanno a confermare il senso, la forma di quelli precedenti dandone ancora più vertebre salde, e allo stesso tempo, quotazioni di un sistema senza più controllo, da concedersi un lusso, quale l’ammissione della fragilità, fermo, inerme ma salvato da un amore rivoluzionario, da una dipendenza che ha saputo cogliere ogni parte cerebrale, muovendo i fili di entrambi in ogni sua minuziosa funzionalità e consapevole che questo «piacere», seppur lontano dagli schemi, non può stare a suo agio vivendo in questo bene rifugio, così differente dagli status che oramai campano in una pozza stagnante impregnata da melma torbida e facendola diventare un tutt’uno con la terra.
Una rivoluzione di ogni specie che non fa nemmeno più acqua da alcuna parte perché probabilmente questa ha ritenuto opportuno ritirarsi dalle membra di una realtà che ha perso la sua targa, per continuare un viaggio di crescita, di maturità.
«Il tuo cervello rettiliano
Il tuo sistema limbico
Tu che hai acceso i talami
E messo l’oro in bocca al mattino
Se la ragione è in svalutazione
L’amore è rivoluzione
Trasformarsi nella muta
Per evoluzione
Fragile per crescere, per vivere
In un bene rifugio»
«Il ghiaccio si scioglie
L’acqua è alla gola
Le cascate disseccano
La terra si crepa
La pioggia è un’alluvione
Non c’è più stagione
Tu sei terra fertile
Tu fertile terra
Sei il mio bene rifugio
Fragile per crescere, per vivere
In un bene rifugio».
Chiudiamo questo excursus che ha saputo lasciarci senza fiato davanti ad una penna così enorme da farci vedere l’intero «film» che Vinicio Capossela mostra attraverso il suo inchiostro. L’amore.. è rivoluzione per evoluzione. Grazie maestro.
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