L’Unione Europea sempre più ideologizzata: oltre la «green», quella «woke»

Gli ipocritamente (s)corretti match all’insegna della follia woke di “Parigi  2024” hanno umiliate le donne

Lungi da chi scrive l’idea – anche se la voglia di farlo, visti i risultati ottenuti: Europa debole e mai tanto povera, è davvero tanta – di proporre un’Italexit, ma un «meglio stare lontano da questa Europa», si potrebbe anche «sussurrare». Per le certezze fasulle fatteci balenare per convincerci ad aderire, gli appuntamenti mancati, l’eccessiva ideologizzazione di certi progetti, in materia di clima, energia, trasporti ed ecoambientali. E il «racconto» dell’Ue e della moneta comune che insieme ci avrebbero dato ricchezza e benessere.

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Ma all’entrata in circolazione (gennaio 2002) dell’euro il valore della lira – con la complicità dei nostri «Prodi» di nome e di fatto, della politica – fu tagliato del 48%. Ogni euro ci costò 1936,27 lire così che quasi la metà dei nostri redditi ci evaporò dalle tasche unitamente alla lira. Cui è giusto aggiungere, anche gli 11.500 miliardi prodotti, dieci anni prima (‘92) dalla patrimoniale del 6 per mille sui conti correnti imposta da Amato per permettere alla lira di restare agganciata al sistema monetario europeo ed entrare nell’eurozona sin dal primo giorno. Sicché dire che siamo importanti in Europa perché uno dei Paesi fondatori è vero, ma neanche troppo. E proprio la patrimoniale di Amato e il valore di cambio euro/lira sono la conferma che già al momento dell’ingresso ci costrinsero a entrare dalla porta di servizio.

E poi molti di quei «Prodi di ieri», sono ancora in circolazione e con i «sinistrati» di oggi continuano a svenderci, per interesse e fame di potere. E ci era stato anche promesso che l’Unione avrebbe rappresentato un argine contro nuovi conflitti e invece basta guardarsi intorno per accorgersi che se c’è una cosa che non manca nel nostro continente sono le guerre: l’invasione della Russia all’Ucraina, il conflitto israelo-palestinese, la crisi del mar Rosso. E poiché purtroppo, su questo fronte, l’Europa non c’è, i fulmini di guerra si rincorrono e la paura cresce.

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La presunta deriva democratica

Ma, anziché preoccuparsi di questo, fomentata da Francia, Germania e sinistra italiana, preoccupati della «solidità» di Palazzo Chigi, l’Ue mette il timbro, avvalorando – pur sapendo che non è vero, e cofinanziandolo, insieme ai Ministeri della cultura e dei media e quello degli Affari Esteri del governo tedesco – il Report di Media Freedom Rapid Response ed European Centre for Press Media: «mettere a tacere il quarto potere: la deriva democratica dell’Italia».

E, consapevoli dell’obiettivo che si erano riproposti di centrare, hanno chiamato a dire la propria, solo testate, vicine alle opposizioni e pregiudizialmente avverse al centrodestra e al governo Meloni, senza interpellare, alcun giornalista estraneo al «pensiero unico». Il che delegittima report e informazione che insistono a parlare di libertà di stampa a rischio e di «telemeloni». Nonostante sia sotto gli occhi di tutti che nessuno impedisca a chicchessia di dire la propria e in Rai le poltrone che contano sono tutte saldamente inchiavardate ai deretani del Pd e amici. Che anziché smentire, accusano chi li ha denunciati di redigere liste di proscrizione.

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E poi piagnucolano perché l’astensionismo cresce, ma non si pongono il problema del perché questo e fingere di non sapere che in democrazia il «potere spetta al popolo» ed è questo che sceglie da chi e come essere governato. Per cui, meno elettori votano, più loro si sentono autorizzati a infischiarsi del risultato delle urne. Tant’è che nelle ultime europee, mentre sono cresciuti gli astensionisti e quelli che hanno votato – delusi da comportamenti e scelte della maggioranza uscente – hanno scelto di votare a destra, ancora una volta l’Ue se n’è andata a sinistra ed è ripartita da dove si era fermata: dalla coalizione sconfitta: Ppe, Pis, Verdi e Von der Leyen.

Una democrazia malata

Indubbiamente, l’Ue non è un regime, ma una democrazia malata, e rischia prima o poi, di passare a «miglior vita». E la farsesca blasfemia delle «macroniadi» e gli «ipocritamente (s)corretti» confronti all’insegna della follia woke di «Parigi 2024» più che includere le atlete iper-androgini, hanno umiliate le donne. Dov’erano le anime belle del femminismo italiano e continentale? Non c’erano, anzi, c’erano, ma schierate a difesa dell’ipocrisia woke. Tant’è che hanno accusato la destra d’inventare «fake per creare odio» .

E approfittando del 44° anniversario della strage di Bologna, la Schlein delirando ha sentenziato: «Meloni stragista». Ma ha fatto arrabbiare anche il Comitato dei familiari delle vittime della strage: «sbaglia – detto – con la bomba questo governo non centra». Già, ma a loro interessa che la gente pensi che c’entri. Purtroppo, le bugie di Boldrini ed Elly «sono come i mestrui, bisogna rispettarne il ciclo» (Bacone).

Setaro

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