La decisione sul rigetto del reclamo contro il 41bis
Si aprono degli spiragli di fine carcere duro per Domenico Belforte, capo dell’omonimo clan attivo nel Casertano tra i comuni di Marcianise, Capodrise e nel capoluogo, al 41bis dal 2007 e in carcere dal 1998. La Corte di Cassazione ha infatti annullato l’ordinanza emessa il 16 aprile scorso dal Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva rigettato il reclamo scritto di suo pugno dallo stesso Belforte dopo che nel precedente mese di settembre il Ministro della Giustizia aveva prorogato nei suoi confronti per altri due anni il regime carcerario duro previsto dall’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso presentato del difensore di Belforte, l’avvocato Mariano Omarto, ha rinviato il procedimento di nuovo al Tribunale di Sorveglianza di Roma, ma ad una sezione diversa da quella che si era pronunciata due mesi fa. Le motivazioni della decisione non sono state ancora rese note, ma l’annullamento con rinvio fa sperare Belforte, che nel reclamo scritto da sé alcuni mesi fa si era detto claustrofobico, per cui non in grado di stare 22 ore in cella come previsto dal 41bis.
Aveva poi ribadito la volontà di collaborare e di far ritrovare il corpo di una donna uccisa, l’estraneità sua e della moglie all’omicidio dell’amante. Dal canto loro i giudici di sorveglianza capitolini rigettarono il reclamo perché a loro parere «Belforte continua ad avere un ruolo apicale e non ha mostrato segni di resipiscenza e di definitivo allontanamento dalle logiche criminali del clan di provenienza», e risulta inoltre «incessante lo sforzo di Belforte di veicolare all’esterno ordini e indicazioni di azioni criminali a sodali liberi o anche detenuti».