«Omicidio Gelsomina Verde marchio di ignominia sulla coscienza del clan Di Lauro»

Il pm antimafia duro nel processo contro 2 componenti del commando del killer

«Un marchio indelebile di ignominia sulla coscienza del clan Di Lauro»: è lapidario il pm antimafia di Napoli Maurizio De Marco che oggi, nel corso della requisitoria al processo che a Napoli vede alla sbarra due componenti del commando che rapì e uccise Gelsomina Verde nel corso della prima faida di Scampia, ha chiesto trent’anni di carcere per Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, alias «o Vichingo», arrestati il 27 luglio del 2023.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Gelsomina Verde venne prelevata e portata nel luogo dove poi venne assassinata da tre persone: una si sedette sul lato passeggero della sua auto e le altre due – gli attuali imputati, in possesso dell’arma usata per il delitto – seguirono la vettura di Gelsomina fino al luogo dove venne assassinata, a colpi di pistola, da Ugo De Lucia. Il gruppo criminale dei Di Lauro riteneva – erroneamente – che Gelsomina sapesse dove si stava nascondendo Gennaro Notturno, detto «o’ sarracino». La ragazza, invece, non era a conoscenza di questa informazione, negò ma non fu creduta.

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I sicari però non potevano lasciarla andare e a questo punto decisero di ucciderla. Poco dopo si accorsero di avere commesso un grave errore e diedero fuoco all’auto della vittima con all’interno il suo cadavere. Cosimo Di Lauro, figlio di Paolo, detto «Ciruzzo o’ milionario», morto in carcere qualche anno fa, offrì 300mila euro alla famiglia, proprio per tentate di lavare la macchia che l’omicidio di Gelsomina aveva impresso sulla coscienza del clan.

Setaro

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