Quando si sbaglia si devono riconoscere le colpe e si deve provvedere alla sostituzione
Oggi l’ennesima ammissione di Josep Borrell: «Sull’Europa Trump aveva ragione, non spendiamo abbastanza per la difesa». Ebbene in questi anni abbiamo assistito alla commediola di pessimo gusto, in cui tutte le scelte dell’Europa che venivano presentate come risolutive si sono dimostrate inconcludenti e/o del tutto irrisolte.
Difatti, abbiamo dovuto assistere ripetutamente ad una sorta di avanspettacolo in cui tutte le critiche a questa Europa avevano ed hanno assunto un fondamento, atteso che la gestione, fino ad oggi, è stata del tutto fallimentare e coloro i quali assumevano queste decisioni non era sottoposte ad alcun vaglio critico: ovvero erano valorosi e meritevoli a prescindere.
Ma adesso più di qualche dubbio sovviene e allora è giusto chiedersi perché questi approssimativi personaggi che hanno occupato la «tolda» di comando e che hanno applicato disinvoltamente il principio «per prove ed errore» di popperiana memoria ambiscono a rimanere ancora abbarbicati al proprio ruolo e alle funzioni di potere? Ed ancora secondo quale legittima e meritevole condotta dovrebbero essere riconfermati? Nel metodo di Popper si riconoscevano precisi dettami e si impartivano cristalline regole per misurare gli effetti di quanto si assumeva responsabilmente.
Secondo K. Popper, difatti, il metodo per «prove ed errori», che abitualmente viene «adottato dagli organismi viventi nel processo di adattamento» e dallo scienziato che, di fronte a un determinato problema, «propone, a titolo di prova, un qualche tipo di soluzione teorica», è essenzialmente un metodo di eliminazione di chi commette l’errore e non è all’altezza dei tempi e degli impegni assunti. Ovvero di qui la regola che quando si sbaglia si devono riconoscere le colpe e, conseguentemente, si deve provvedere alla sostituzione di personaggi di insufficiente rendimento.