Calabria, 50 anni dopo i ‘moti di Reggio’: il territorio calabrese sconta ancora il distacco dei territori interni

di Marco Carmine Foti

Tra il 14 e 15 luglio del 1970 Reggio Calabria diventa teatro di uno scontro socio – politico – istituzionale. Prendono forma i ‘moti di Reggio’ al grido di «Boia chi molla». Stavo per compiere il prima anno di vita. Da poco erano nate le Regioni a statuto ordinario (1970), già previste nella Costituzione a partire dal 1948 ma che, prima di allora, non erano state mai attuate. In Calabria sorse la questione del capoluogo: Reggio Calabria, da sempre e storicamente definita il capoluogo della Calabria, o Catanzaro?

A detta di molti storici la battaglia politica tra le due città calabresi trovò la sintesi in Cosenza alleata con Catanzaro per la promessa di ospitare la sede dell’Ateneo calabrese, che stava per essere istituito, in cambio del supporto nella rivendicazione del capoluogo. Reggio non trovò alcun alleato.

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La contestazione, dapprima verbale sulla stampa e nei comizi, degenerò nella rivolta tra il 14 ed il 15 luglio del 1970. In occasione di uno sciopero generale provinciale indetto dagli amministratori, una folla di reggini si recò in piazza Italia per ascoltare il comizio dell’allora sindaco Piero Battaglia e del consigliere provinciale Fortunato Aloi. In quella piazza scoccò la scintilla della rivolta e la polizia suonò la carica con lo scopo di disperdere la folla.

Da questo momento, per otto mesi interminabili, fino a febbraio del 1971, Reggio divenne campo di battaglia, con barricate erette per contrastare le cariche delle forze dell’ordine, migliaia di persone per strada, lanci di molotov, interruzione delle vie di comunicazione e delle attività commerciali, ed in un secondo momento, la presenza dell’Esercito Italiano per ripristinare l’ordine.

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Numerosi tentativi di sedare la rivolta, da parte dell’allora Governo Colombo, che prometteva insediamenti industriali, non furono efficaci. Dopo mesi di guerriglia e di dolore (si contarono 6 morti, centinaia di feriti ed arresti), in assenza dei servizi necessari, la città era sfiancata e devastata. Fu per questo, e non per aver trovato un compromesso che fosse soddisfacente, che i moti si conclusero.

Reggio Calabria non ottenne i risultati sperati e per i quali i cittadini scesero in piazza. La decisione definitiva, proposta dal Governo, fu quella di assegnare il capoluogo a Catanzaro e di separare la sede della Giunta regionale da quella del Consiglio, di programmare insediamenti industriali, che si rivelarono fallimentari (Liquilchimica e polo industriale in provincia di Reggio Calabria), e di istituire l’Università della Calabria nel territorio cosentino.

La protesta di quegli anni ebbe una peculiarità territoriale: reggina, calabrese, meridionale. Tuttavia, i processi storici addensati nei moti, non sono tipici di una specifica area geografica.

Il territorio calabrese, dopo 50 anni, sconta ancora il “distacco” dei territori interni. Facciamo sì che tutti gli sforzi profusi in mezzo secolo trovino una sintesi strategica per la rinascita della Calabria, a partire dall’attuale sistema dei trasporti, vetusto ed inefficiente.

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