L’Italia, in materia di legge elettorale non si è fatta mai mancare niente e il genio italico si è prodotto in fantasiose soluzioni cui difficilmente si può stare dietro.
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In principio fu il proporzionale, che garantì quasi cinquant’anni di stabilità politica, ma altrettanti di instabilità e precarietà dei governi: in undici legislature se ne avvicendarono 50. Poi venne il maggioritario, il Mattarellum, dal nome del relatore on. Mattarella. Fu il risultato del referendum Segni che introdusse i collegi uninominali secchi a turno unico. Ma sopravvisse una spruzzatina di proporzionale (25% dei seggi) con la comparsa di una soglia di sbarramento al 4%.
1994: esordio di una legge elettorale semimaggioritaria
Alla prima prova del 1994 vinse inaspettatamente Berlusconi che portò con sé al governo gli eredi di Almirante che si erano sempre battuti per il proporzionale. Eterogenesi dei Fini. Fu la fine dei cinque partiti che ormai da tempo si spartivano i luoghi e i frutti del potere (DC, PSI, PLI. PRI, PSDI). Solo due anni dopo vinse il centrosinistra portando al potere gli eredi di Berlinguer. E nacque l’alternanza. La frattura sistemica fu generata proprio dal referendum popolare che consentì agli elettori, per la prima ed unica volta nella storia repubblicana, di pronunciarsi in materia elettorale.
Nel 2005 fu la volta del Porcellum, legge voluta da Berlusconi su forte pressione dei centristi, proporzionalisti nel DNA. Riuscì così bene che fu definita «una porcata» dal suo stesso relatore, da cui il nome giornalistico in latino maccheronico. Prevedeva il ritorno al sistema proporzionale con varie soglie di sbarramento, per favorire le coalizioni, ed un premio di maggioranza (55%) dei seggi per la coalizione o la lista non coalizzata vincente. Si voleva salvare il bipolarismo e, in qualche modo, lo stesso maggioritario facendo vincere il primo a prescindere dalla quantità di voti riportati.
S’incaricò la Corte Costituzionale, nel 2013, di porvi fine, ma solo ad elezioni già avvenute. Di fatto l’intero Parlamento venne delegittimato in quanto frutto di una legge elettorale incostituzionale, ma rimase inspiegabilmente in carica. Aveva vinto il centro sinistra, va da sé. Nel 2015, Renzi riuscì a fare approvare il suo capolavoro, l’Italicum: fine delle coalizioni, impianto proporzionale, soglia di sbarramento (3%), premio di maggioranza (340 seggi) per la lista che avesse ottenuto almeno il 40% dei voti; non raggiunta tale soglia, si sarebbe dovuto procedere al ballottaggio tra le due liste che avessero ottenuto il maggior numero di voti.
Sembrava un abito cucito su misura nella sartoria del suo Partito Democratico: l’anno precedente, in occasione delle elezioni europee, il Pd aveva sfiorato il 41% dei consensi. Anche su questa legge elettorale calò la mannaia della Corte Costituzionale e non se ne fece nulla. Toccò quindi al Rosatellum (dal nome del promotore, on. Rosato, capogruppo Pd). Sistema misto, con il 64% dei seggi assegnati col proporzionale ed il 36% con il maggioritario. Tornarono così, i collegi uninominali, ma stavolta la prevalenza toccò alla quota proporzionale; rimase la soglia unica del 3%, ma scomparve il premio di maggioranza. Non furono previste coalizioni.
E fu così che, nelle successive elezioni del 2018, si ruppero gli ultimi argini del bipolarismo consentendo al M5s, divenuto partito di maggioranza relativa, di riportare in parlamento la truffa degli accordi post-elettorali, che erano venuti in odio agli elettori e tradivano gli impegni solennemente assunti in campagna elettorale. I governi furono il risultato di stomachevoli compromessi tra partiti che s’erano giurata guerra spietata.
Il «mai con Salvini» dei cinque stelle si trasformò, come per incanto, in un «sì per Salvini». E nacque il governo giallo-verde, che non superò l’estate del 2019. I «mai con il Pd», «mai con il partito di Bibbiano», «mai con il partito dei mafiosi» divennero magicamente un «si con il Pd». E fu il governo giallo-fucsia. Nel teatro dell’assurdo si è visto pure lo stesso Presidente del Consiglio presiedere due governi di segno diametralmente opposto.
Adesso siamo in attesa del Germanellum, imitazione maccheronica della legge elettorale tedesca: interamente proporzionale con sbarramento al 5% come in Germania.
A chi conviene la legge elettorale tedesca?
Certamente al Pd, che vuole mani libere per il dopo elezioni per potere recuperare, in caso di necessità, l’alleanza indigesta con i cinque stelle. Certamente al Movimento cinque stelle, che ormai ha dimostrato di poter volere e fare tutto ed il contrario di tutto, proprio come un crepuscolare e spregiudicato partito di centro avvezzo alla «politica dei due forni». Probabilmente a Berlusconi, anche se vuol far credere di non rinunciare al bipolarismo. Potrebbe non dispiacergli giocare da battitore libero. Certamente non piace a Salvini e Meloni che, senza un vincolo di coalizione non potranno imbrigliare Berlusconi e prevenire i suoi scatti di «responsabilità» a favore degli avversari.
Sicuramente non conviene a Renzi, non più capo del Pd ma di un piccolo partito destinato all’estinzione se non verrà abbassata la soglia del 5%; Ma ancora tutto può succedere, c’è di mezzo l’autunno. Si voterà il 20-21 settembre per le regionali, salvo sospensione per «emergenza sanitaria», sempre possibile e forse in preparazione. Dopo le regionali Berlusconi potrà votare tranquillamente il MES con le sue truppe di riserva a disposizione del governo. Salvini e Meloni potranno protestare invano senza compromettere l’esito delle elezioni già avvenute.
Renzi dovrà fare bene i conti con il tempo che gli rimane per far saltare baracca e burattini e andare ad elezioni anticipate, la sua arma migliore e forse unica àncora di salvezza. A luglio del prossimo anno comincerà il semestre bianco e il Presidente della Repubblica non potrà più sciogliere le Camere. A quel punto il bulletto fiorentino potrà solo abbaiare alla luna. Tuttavia, la legge elettorale potrebbe non bastare per mettere all’angolo la Lega e Fratelli d’Italia. La storia dimostra che chi fa una legge pro domo sua non sempre ne trae vantaggio, non tutte le ciambelle riescono col buco. Prima o poi si dovrà votare. E verrà la resa dei conti… e di Conte.
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali
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