Violenze nel carcere minorile, arrestati anche agenti provenienti dal Sud

di Enzo Amato

In carcere sono finiti 13 poliziotti penitenziari, altri 8 sono stati sospesi

Napoli, Pomigliano d’Arco, Benevento, Avellino, Caserta, Airola, Sant’Agata dei Goti, Aversa. Provengono per lo più dal Sud i poliziotti penitenziari indagati nell’inchiesta sulle torture subite dai giovani dell’Istituto di pena minorile di Milano. «Sei un figlio di p…, sei un arabo zingaro, noi siamo napoletani, voi siete arabi di m… ». Sono alcune delle parole che gli agenti penitenziari indagati per le violenze nell’istituto Beccaria di Milano avrebbero pronunciato all’indirizzo di uno dei giovani detenuti dell’istituto minorile.

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«I ragazzi malmenati» dagli agenti «non denunciavano per timore di ritorsioni e di rappresaglie, come è accaduto» a uno che, dopo essere stato molestato sessualmente ed «aver reagito a ciò, ha dovuto subire una spedizione punitiva da parte di altri agenti». Gli episodi sono stati ricostruiti dal gip di Milano Stefania Donadeo nell’ordinanza che ha portato in carcere 13 agenti in servizio nell’istituto di pena minorile milanese e alla sospensione di 8, accusati di tortura, maltrattamenti aggravati, lesioni e falso per le «violenze perpetrate» nei confronti dei ragazzi detenuti.

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La tesi accusatoria

Uno degli arrestati, il capoposto Gennaro M. (originario di Benevento), soprannominato «Mma» perché «picchiava forte», sarebbe salito dal giovane detenuto, in precedenza molestato e quel giorno violentemente pestato, in quanto il suo compagno di cella «chiedeva insistentemente un medicinale». Il ragazzo sarebbe quindi stato condotto al piano di sotto dove poco dopo avrebbe cominciato a gridare all’amico: «Mi stanno picchiando, stai attento che vogliono picchiare pure te». Infatti, una volta che gli agenti sono ritornati nel reparto, Roberto M., pure lui ora in carcere, chiedeva al ragazzo vittima di approcci sessuali «di avvicinarsi e gli spruzzava negli occhi uno spray al peperoncino».

A questo punto, in sei avrebbero insultato e preso a calci e pugni «su tutto il corpo» il minorenne e, «una volta steso a terra», lo avrebbero ammanettato e continuato a «colpirlo», strappandogli la maglietta, mentre lui tentava di difendersi con un pezzo di piastrella. Poi lo avrebbero portato al piano terra «in una cella di isolamento» dove lo avrebbero spogliato «lasciandolo completamente nudo» e con le manette, per poi prenderlo a cinghiate fino a farlo sanguinare.

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«Ogni aggressione è stata provata sia dalle dichiarazioni della vittima che dalle intercettazioni telefoniche, dalle immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza, dalle dichiarazioni testimoniali di altri detenuti testimoni indifferenti, dai referti medici, dalle relazioni di servizio» spiega il gip di Milano. Le relazioni di servizio degli agenti della Polizia penitenziaria, «artatamente costruite al fine di sconfessare qualsiasi eventuale racconto dei detenuti», ma a sconfessarli ci sono le «immagini video acquisite dal sistema di videosorveglianza del Beccaria» relative a tre pestaggi «costituiscono un ulteriore elemento di prova documentale del metodo educativo adottato dagli agenti della polizia penitenziaria».

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