Avellino, foto immortalano l’ex sindaco Festa mentre porta via il pc

Festa ripone l’ingombrante apparecchio all’interno di una scatola

Voleva far sparire le prove della corruzione, sostengono gli inquirenti che hanno mandato in carcere il sindaco di Avellino Gianluca Festa. E, per provarlo, esibiscono anche delle immagini catturate il mese scorso nell’ufficio del primo cittadino, indaffarato a far sparire il suo computer. Anzi, il pc di proprietà del Comune, tanto è vero che, per questo specifico episodio, a Festa viene contestato il peculato. Nell’ordinanza di custodia cautelare si spiega dunque che dalle intercettazioni audio e video eseguite sia nell’anticamera che dentro l’ufficio del sindaco si vede un personal computer da Festa «costantemente utilizzato per le incombenze quotidiane».

In un’intercettazione video appare anche la vicesindaca Laura Nargi (indagata) alla quale Festa, scrivono gli inquirenti, «sussurra le parole ‘si deve togliere quella stampa da qua’». In un’altra intercettazione viene ripreso il sindaco «mentre seleziona una serie di documenti che il suo collaboratore (…) procede a strappare».

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Immagini successive, invece, «mostrano il sindaco che, dopo aver scollegato il ‘case’ dalle prese cui era collegato, tenta invano di aprirlo, evidentemente al fine di rimuovere alcune parti dell’hardware, avvalendosi di strumenti di fortuna.

Quindi, non essendo riuscito nel proprio intento, Festa ripone l’ingombrante apparecchio all’interno di una scatola di colore nero che trasporta fuori dall’ufficio grazie all’aiuto di tale Guido», poi identificato in un dipendente comunale, che ha confermato di aver collocato la scatola nell’auto del sindaco.

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Gli inquirenti non sono riusciti a trovare il computer e il sindaco, dal canto suo, ha negato di averne uno in ufficio, affermazioni «palesemente smentite», si legge nell’ordinanza, dalle intercettazioni audio-video e dalle testimonianze di alcuni dipendenti comunali. Da qui l’accusa di peculato, un reato commesso – secondo l’accusa – «per occultare altre condotte criminose». Infatti, per gli investigatori, far scomparire il pc era un’attività «evidentemente finalizzata a sottrarre i file ivi contenuti all’attività degli inquirenti».

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