Il calo comincerà solo dopo il 2026
Un debito destinato a scendere solo dopo il 2026 e che già l’anno prossimo sfonderà, per la prima volta, il tetto dei 3.000 miliardi di euro per l’eredità di bonus edilizi e degli incentivi fiscali. Ma anche un quadro di sostenibilità da offrire all’Ue, grazie a una crescita dell’Italia forte del Pnrr, ‘resiliente’ e ad oggi migliore della media europea. E con la nuova governance economica Ue che consentirà di diluire l’aggiustamento in sette anni.
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È il quadro offerto dal Def 2024, «largamente in linea con lo scenario programmatico della scorsa Nadef» e la «scelta prudenziale» di limare all’1% la crescita 2024, come spiega il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Il Documento, che ha ottenuto la validazione dell’Upb grazie a stime considerate ‘accettabili’, si limita al quadro tendenziale, senza indicare la direzione dove intende muovere il governo attraverso il quadro programmatico: questa arriverà in autunno col futuro Piano strutturale di bilancio di medio termine dell’Italia, una volta conosciuta la ‘traiettoria di riferimento’ per la spesa primaria netta che – in base al nuovo Patto di stabilità – la Commissione Ue invierà ai Paesi entro il 21 giugno.
La conferma delle misure
Qualche indizio sul prossimo anno lo si può trovare guardando allo ‘scenario a politiche invariate’. Una tabella che non è il ‘quadro programmatico’ ma fotografa i conti nazionali ipotizzando che il governo volesse confermare tutte le misure in vigore nel 2024 (inclusi i 14 miliardi del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef) facendo leva solo sul deficit, senza tagli o nuove entrate.
L’indebitamento per il 2025 risulterebbe al 4,6% del Pil (contro il 3,7% del tendenziale del Def, liberando spazi per circa 18 miliardi/20 miliardi), ma il numero è ipotetico visto che il Def anticipa che continuerà a «intervenire sul profilo del deficit» anche «attraverso una revisione della disciplina dei crediti d’imposta, al fine di ricondurlo al di sotto del 3% del Pil entro il 2026».
Proprio il 2026 è – nel quadro tendenziale del Def – l’anno in cui giunge al culmine la salita del debito causata dall’onda lunga dei bonus e incentivi fiscali: al 139,8% del Pil dal 137,8 atteso per quest’anno, con un passivo destinato a superare in valore assoluto i 3.300 miliardi nel 2027. È sventato – diluito negli anni – lo sfondamento del 140% che in molti si aspettavano già quest’anno.
Gli aiuti europei
Puntiamo – dice Giorgetti – a «concordare con la Commissione europea l’estensione a sette anni dell’aggiustamento di finanza pubblica» per mettere in debito in un sentiero di riduzione. Numeri che danno la misura di quanto sarà importante, per l’Italia, un rilancio duraturo della crescita attraverso non solo lo stimolo del Pnrr, ma gli investimenti e le riforme.
«Il nuovo piano non potrà che partire dai risultati già conseguiti con il Pnrr», dice Giorgetti facendo capire la centralità degli aiuti europei, che vengono nominati ben 400 volte nella documentazione del Def inviata martedì alle Camere. Margini di spesa risicati, dunque. Del resto è il Def a mettere nero su bianco i rischi che deriverebbero da una fiammata dei rendimenti: 100 punti base in più sul Btp decennale costerebbero una stretta creditizia in grado di cancellare mezzo punto di crescita del Pil nel 2025-2027.
Il Def mette in chiaro che fra, le singole misure, per il prossimo triennio «sarà data priorità al rifinanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro», e anche il sottosegretario al Mef Federico Freni ribadisce che «troveremo i 10 miliardi necessari per il taglio del cuneo fiscale». La pressione fiscale, che quest’anno scenderebbe al 42,1% dal 42,5% del 2023, nel 2025 risalirebbe al 42,4% prima di «attestarsi su un livello lievemente inferiore nel biennio finale dell’arco previsivo». E la spesa sanitaria, nonostante la contesa politica, se nel 2024 sale del 5,8% rispetto all’anno precedente, al 6,4% del Pil, scende al 6,3% del Pil nel 2025 e nel 2026, e al 6,2% nel 2027.