Si esaminano gli affari immobiliari nella periferia di Napoli est
Si stanno concentrando sulle recenti attività imprenditoriali della vittima, le indagini della Squadra Mobile e della Dda (sostituto procuratore Rosa Volpe) sull’omicidio dell’ingegnere 66enne Salvatore Coppola. Il professionista – con alle spalle un percorso da collaboratore di giustizia non perfezionato – è stato assassinato la sera dello scorso 12 marzo, a colpi di pistola alla testa, nel quartiere San Giovanni a Teduccio di Napoli. Un agguato dalla chiara matrice mafiosa in cui il killer voleva assolutamente uccidere.
L’ingegnere, definito un «colletto bianco», si stava occupando prevalentemente, ma non solo, di attività immobiliari nella periferia di Napoli est, area della città interessata da vari interventi di riqualificazione. La zona dove è stato ucciso e dove da diversi anni aveva il suo ufficio, è ritenuta dagli inquirenti sotto il controllo criminale del clan Mazzarella e lui stesso, nel corso di alcune testimonianze, ha riferito di essere stato in contatto con il boss Vincenzo Mazzarella.
Nel percorso di collaborazione iniziato e interrottosi per mancanza dei requisiti, Coppola ha rilasciato anche dichiarazioni autoaccusatorie circa alcuni episodi di corruzione. Per un periodo è stato lontano da San Giovanni a Teduccio e venne anche sottoposto a una sorveglianza. Successivamente, però, è tornato dove aveva le sue attività per portare avanti il suo lavoro su cui ora si sta concentrando la Squadra Mobile.
A San Giovanni a Teduccio, quartiere napoletano dove sorge anche un dipartimento dell’Università Federico II, l’omicidio dell’ingegnere, come veniva chiamato, ha destato molto scalpore: secondo quanto hanno riferito alcune persone, alcune anche ascoltate dagli investigatori, Coppola era stimato e piuttosto noto. Chi lo ha visto, anche poco prima dell’omicidio, ha riferito che se ne andava in giro senza che trasparisse alcuna preoccupazione circa l’eventualità di un agguato.