Napoli, oltre 5mila casi di violenza di genere tra il 2022 e il 2023

di Virginia Iadonisi

Episodi in maggioranza tra mura domestiche da partner o ex partner delle vittime

Le misure cautelari emesse per i reati di violenza di genere, maltrattamenti e stalking superano quelle concesse dai giudici su richiesta della Direzione distrettuale antimafia: forniscono plasticamente la misura di un fenomeno dai contorni preoccupanti i dati forniti dalla IV sezione della Procura di Napoli che si occupa di tutelare le cosiddette “fasce deboli” in un territorio vasto, che comprende il capoluogo e parte della provincia.

Tra il 2022 e il 2023, infatti, sono stati 5.439 i casi di violenza di genere che hanno visto vittima una donna e in cui l’indagato aveva, quasi sempre, le chiavi di casa (marito, compagno, ex, etc.). I magistrati inquirenti, undici in tutto coordinati dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone e affiancati dalla polizia giudiziaria, sono chiamati quotidianamente a fronteggiare una vera e propria emergenza: tra il primo settembre 2022 e lo stesso mese del 2023 si sono registrati, mediamente, 453 procedimenti penali al mese.

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Sempre nello stesso arco di tempo ne sono stati complessivamente definiti 4.530, tutti con autore noto. Al di là dell’imponente numero di misure cautelari notificate su richiesta della procura guidata da Nicola Gratteri (224 in carcere e 35 tra domiciliari e luoghi di cura) il dato che più allarma è quello della crescita: rispetto all’anno precedente (2020-2021) sono stati registrati circa 1.270 procedimenti in più.

I reati al vaglio delle “fasce deboli” – dalla prostituzione minorile alla pedopornografia, dalle pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili all’interruzione di gravidanza non consensuale, fino naturalmente al femminicidio – prevedono una trattazione prioritaria.

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Per dare celerità ed efficacia all’azione di contrasto, è stata data attuazione alla gestione digitale del fascicolo delle indagini preliminari. E per individuare i reati la sezione “fasce deboli” si avvale della collaborazione di “referenti codice rosso”, designati in ogni commissariato di polizia e stazione dei carabinieri.

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