Più tasse per tutti…

di Nuccio Carrara*
Nuccio Carrara - Sud - ilSud24
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

«Le tasse sono una cosa bellissima» disse con ‘innocente’ faccia di bronzo il ministro dell’economia del secondo governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, e sono «un modo civilissimo di contribuire insieme al pagamento di beni indispensabili».

Due sciocchezze che lasciano trapelare una notevole sensibilità estetico-fiscale nonché una certa idea di civiltà basata sulle tasse. Dopo avere sperimentato parecchi governi impegnati in una simile lotta per i progresso civile, ci stiamo preparando a raggiungere la vetta più alta con il governo Conte.

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Ad onor del vero, bisogna dire che tutti i governi, nonostante il loro amore (estetico?) per le tasse e per la civiltà, almeno a parole hanno promesso sempre ed in ogni circostanza di alleggerire il carico fiscale. Anzi, sia a destra che a sinistra, l’alleggerimento fiscale è sempre stato ritenuto il mezzo migliore per rilanciare i consumi e l’economia.

Il nostro premier, durante l’emergenza sanitaria, ha promesso di tutto e di più, e non poteva mancare l’abbassamento del carico fiscale. Da rendere, però, compatibile con il capolavoro a 5 stelle del reddito di cittadinanza, che avrebbe dovuto abolire la povertà ed invece ha promosso la sedentarietà assistita senza intaccare la povertà diffusa.
La ricchezza si crea con il lavoro, ma loro forse non lo sanno e in molti casi non sanno neppure cosa sia il lavoro.

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A proposito dell’IVA, Conte ha le idee confusamente chiare: «valuteremo una riduzione»… Sì, però «a noi costa moltissimo». E confida nella lotta all’economia sommersa che, appunto perché «sommersa», nessuno è mai riuscito a farla venire a galla.

Ma, comunque vadano le cose, qualche domanda sorge spontanea: dove si potrà trovare il denaro per tenere in piedi lo Stato? E soprattutto, potrà diminuire l’imposizione fiscale dopo la chiusura di centinaia di migliaia di piccole e medie imprese soffocate dalla pandemia economica? In un tessuto sociale fortemente impoverito non si può tassare a prescindere dalla reale capacità contributiva del popolo italiano. Questo lo dice la Costituzione, ed è graficamente descritto dalla curva di Laffer, ma lo dice soprattutto il buon senso: non si possono spremere le mammelle di una mucca che non ha più latte.

Dal momento che i nostri sagaci governanti non sono in grado di reperire denaro se non indebitandosi col sistema bancario e con le istituzioni europee, il debito pubblico è destinato ad impennarsi e, conseguentemente, ci si dovrà aspettare un maggiore prelievo fiscale.

Le tasse, infatti, non servono solo, come ci vorrebbero far credere, per pagare i servizi resi ai cittadini, ma anche, e soprattutto, per pagare gli interessi sul debito. Da oltre 25 anni lo Stato incassa più di quanto spende. La differenza costituisce l’avanzo primario che va ai creditori sottraendo ricchezza agli italiani anno dopo anno.

Pensare che l’Unione europea possa aiutare l’Italia è come credere che Dracula sia un donatore di sangue: nonostante la pandemia, non un euro hanno ancora visto le famiglie e le imprese italiane provenire dalle nebbie di Bruxelles, Strasburgo o Francoforte.
Se si vuole essere ottimisti, i soldi arriveranno, ma tardi, sotto forma di prestiti e non saranno sufficienti per farci superare la crisi.

Alla fine, inevitabilmente, più debito vorrà dire più austerità e più tasse per tutti.

Puntualmente, ci sarà la caccia agli evasori al grido: «pagare tutti per pagare meno». E mentre i grandi evasori potranno trasferire i loro capitali e le loro sedi nei paradisi fiscali, la mannaia si abbatterà sui piccoli esercenti, sugli artigiani, sui venditori ambulanti e su tutte le categorie deboli che dovranno subire il danno e la beffa: la genialata della progressiva eliminazione del contante su cui persino la stessa BCE ha avanzato delle riserve.

In uno Stato “normale”, a sovranità monetaria, il problema non si porrebbe, il potere di emissione spetterebbe allo Stato e non vi sarebbe necessità di ricorrere al “mercato”, cioè al mondo della speculazione finanziaria, per reperire il denaro che serve. Con moneta sovrana le tasse potrebbero essere quasi inesistenti e si giustificherebbero solo con l’eventuale necessità di drenare liquidità in eccesso al fine di evitare una possibile svalutazione monetaria.

Tuttavia, nella situazione di sudditanza verso la UE in cui ci troviamo, le soluzioni per uscire dall’emergenza senza troppi danni e per prevenire futuri salassi per il popolo italiano, ci potrebbero essere. Si potrebbe, ad esempio, adottare una moneta di Stato, parallela all’euro e compatibile con i trattati europei. L’idea è stata lanciata dal premio Nobel per l’economia Joseph Stigliz e ripresa in un appello firmato da 101 economisti. In Italia si sta battendo in questa direzione, tra gli altri, il prof. Paolo Maddalena, già Vice Presidente della Corte Costituzionale. Naturalmente inascoltato come gli altri.

Si potrebbe ricorrere anche all’indebitamento con istituti di credito a capitale pubblico. In questo caso lo Stato si troverebbe nella doppia condizione di prestatore (in quanto proprietario delle banche erogatrici) e debitore di se stesso (in quanto destinatario del prestito) – senza creare ulteriore debito pubblico. Questa soluzione è stata adottata positivamente dalla Germania. La Merkel può.

Paolo Savona
Paolo Savona

Una terza soluzione potrebbe essere quella suggerita dal prof. Paolo Savona, Presidente Consob: emettere titoli di Stato perpetui come in tempo di guerra. Questi garantirebbero agli acquirenti italiani non un rimborso finale ma una piccola rendita perpetua per sé e per i propri eredi. Inoltre non rientrerebbero nel calderone del debito pubblico e scongiurerebbero «le condizioni per una maggiore imposizione fiscale». La proposta è già stata accettata dall’Austria, i cui titoli sono andati a ruba, ma è stata rifiutata in Italia. Savona non piace.

Ma lasciamo che Conte si gingilli con la sua “potenza di fuoco”, con gli “aiuti” europei, con gli “Stati Generali” o con altri effetti speciali che gli garantiscano la possibilità, a reti unificate, di frullare parole vuote ed affidarle al vento.
«Adda passà a nuttata», si dice a Napoli e bisogna «portare pazienza», passerà, passerà…

Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali

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