Agguato a Secondigliano, la vittima conosceva i killer: forse morto per uno sgarro

di Fabio Maresca

Per sfuggire alla morte è uscito sul balcone e si è lanciato nel vuoto

Un’esecuzione in pieno stile Gomorra, con un movente ancora tutto da decifrare e una certezza: la vittima designata doveva morire ad ogni costo. Saranno le indagini a mettere a fuoco perché Raffaele Cinque, il cinquantenne trovato morto la notte tra sabato e domenica a Napoli in via dello Scirocco, nel quartiere di Poggioreale, non doveva avere scampo.

Gli agenti del commissariato di Secondigliano e gli uomini della squadra mobile di Napoli, intervenuti sul posto dopo la segnalazioni alla centrale operativa della Pèolizia di un cadavere in strada, hanno però già accertato che i killer sono entrati in casa facendosi aprire la porta, probabilmente perché conoscevano bene la vittima. Gli hanno sparato e lo hanno inseguito anche quando Cinque, per tentare disperatamente di fuggire, è uscito sul balcone e si è lanciato nel vuoto dal secondo piano. E poi lo hanno finito sparandogli dall’alto.

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Secondo quanto emerso dai primi accertamenti della Squadra Mobile di Napoli, coordinata dal Alfredo Fabbrocini, la vittima ha tentato infatti la fuga buttandosi dal balcone che si trova al secondo piano dello stabile in cui abitava. Il sicario – o i sicari – ha esploso almeno otto colpi di pistola calibro 7×65, gli ultimi due quando Cinque si era già buttato giù, secondo quanto emerso dai rilevi condotti dagli uomini della Polizia Scientifica.

Chi era Raffaele Cinque

L’uomo è ritenuto un criminale di piccolo taglio, orbitante comunque nell’ambiente del clan Contini, sodalizio di rango della federazione criminale chiamata Alleanza di Secondigliano: a suo carico ci sono precedenti per reati contro il patrimonio come furto, un «cavallo di ritorno» e altri precedenti della stessa caratura. Gli investigatori stanno ora cercando di capire se sia possibile trarre elementi utili dalle immagini delle telecamere di sorveglianza della zona e analizzando il telefonino di Cinque tra messaggi e telefonate delle ultime ore che hanno preceduto la sua morte.

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Il clan Contini

Gli inquirenti invece non danno eccessiva importanza alla sua presunta vicinanza al clan Contini, del quale non era ritenuto un elemento di rilievo. Né il suo nome viene accostato in qualche modo agli ultimi fatti di sangue in città che hanno coinvolto esponenti delle cosche del centro storico.

Negli ultimi mesi si sono registrate continue fibrillazioni negli ambienti criminali della città ma gli investigatori non ritengono comunque, almeno in base ai dati acquisiti fino a questo momento, che ci siano collegamenti di qualche natura tra l’omicidio di Cinque e inquietanti episodi precedenti come, ad esempio, il ferimento a dicembre di Ciro Vecchione, attore nel film «La paranza dei bambini», e la fidanzata che viaggiava con lui.

O come l’agguato ai danni del 18enne Giuseppe Nicola Moffa, ferito nella zona delle Case Nuove a Napoli in un raid nel quale sono stati esplosi ben 80 colpi d’arma da fuoco e in cui è rimasta ferita anche una donna di 68 anni, estranea a dinamiche criminali. Moffa stesso, peraltro, è accusato di essere l’autore del raid nel quale è stato ferito Vecchione.

Ci si interroga allora su quale possa essere stato il movente che ha spinto la notte tra sabato e domenica gli assassini in casa di Cinque con il chiaro intento di ucciderlo ad ogni costo: non si esclude che l’uomo – è una delle ipotesi sul tavolo – abbia potuto fare qualche sgarro a qualcuno che abbia deciso di fargliela pagare. Uno sgarro evidentemente molto pesante, tanto da essere ucciso senza pietà.

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