Amianto, per i giudici Schimdeiny «era ben consapevole della pericolosità»

di Redazione

Il magnate svizzero è stato condannato a 12 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato

Oltre mille pagine scritte in sei mesi per spiegare perché Stephan Schmideiny, il magnate svizzero ultimo proprietario della Eternit di Casale Monferrato è stato condannato a 12 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato e ad un risarcimento record alle diverse parti civili. La Corte di Assise di Novara ha riconosciuto il manager a capo della Eternit fino al 1986 responsabile solo di 9 decessi sui 392 di cui era accusato, quelli degli operai che hanno contratto «con certezza» il mesotelioma per l’esposizione all’amianto. Negli altri casi è stato assolto o è scattata la prescrizione.

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Ma la sentenza dei giudici novaresi non nasconde le responsabilità per quella che viene definita una strage «senza precedenti».. Per la corte – come si legge nelle motivazioni – lungo gli anni Schmideiny pur conoscendo i «notevoli rischi per la salute umana», non ha fatto abbastanza in materia di sicurezza, anzi ha «orchestrato una campagna» per «minimizzare i pericoli dell’amianto».

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Un massacro evitabile

Su questo i giudici non hanno dubbi: se Schimdeiny «avesse adottato tutte le misure necessarie, il massacro dell’amianto si sarebbe evitato. E invece le scelte compiute dal manager sono andate in direzione contraria», come nel caso del cosiddetto ‘mulino Hazemag’ che macinava a cielo aperto per 24 ore al giorno scarti di amianto provenienti da tutta Italia.

Per i giudici Schimdeiny «era ben consapevole della pericolosità delle microfibre, ma decise ugualmente di investire nel mulino» «che – si legge nelle motivazioni – ha contribuito all’intossicazione letale dell’intera comunità casalese». Giuliana Busto, presidente dell’associazione Afeva, che riunisce i familiari delle vittime dell’amianto, al momento della sentenza, nello scorso giugno a Novara, si era detta «moderatamente soddisfatta», pur con la consapevolezza che «la lotta non è finita». Ora, a partire dalle motivazioni della sentenza, gli avvocati struttureranno il ricorso che avevano già preannunciato.

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