Migranti, ratifica dell’accordo con Tirana in CdM: al vaglio norme e spese

di Antonella Di Martino

Cpr da 77mila metri quadri

Le coperture finanziarie e le prime norme attuative del protocollo tra Italia e Albania sulla gestione dei migranti saranno previste nel disegno di legge per la ratifica dell’accordo. Il testo è in via di definizione, e approderà al Consiglio dei ministri previsto alle ore 16.00 a Palazzo Chigi, dopo l’esame tecnico avvenuto alla vigilia, nella riunione preparatoria. Poi è facile prevedere un iter movimentato in Parlamento, con le opposizioni che da subito hanno contestato l’intesa siglata il 6 novembre da Giorgia Meloni ed Edi Rama a Palazzo Chigi.

In un primo momento governo e maggioranza, a più voci, avevano sostenuto che non era necessaria una ratifica parlamentare, in quanto il protocollo (in vigore per cinque anni dalla data concordata tra le parti con successivo scambio di note) si basava su due trattati fra Roma e Tirana. Una tesi contestata dalle opposizioni, con tanto di lettera al presidente della Camera Lorenzo Fontana che a metà novembre ha chiesto chiarimenti al governo sui dettagli dell’accordo.

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E una settimana più tardi il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato l’intenzione dell’esecutivo di sottoporre «in tempi rapidi alle Camere un disegno di legge di ratifica».

Il progetto

Quel testo aiuterà a comprendere meglio come potrebbe prendere corpo il progetto di realizzare in Albania le strutture previste al porto di Shengjin, all’altezza di Bari, e nell’area di Gjader, 20 chilometri nell’entroterra.

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La prima, quella dove approderebbero i migranti caricati nel Mediterraneo a bordo di navi italiane, in base alle schede contenute nel protocollo, avrà un perimetro di circa 240 metri, con una recinzione esterna di 4 metri con «offendicula», ossia filo spinato o sistemi simili, e all’interno vari percorsi: quello per i migranti, quello per il trattamento antiscabbia, quelli di uscita verso un campo di accoglienza e verso il campo di trattenimento.

La struttura a Gjader, quella per l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti che non hanno diritto a entrare e stare in Italia, sorgerebbe su una superficie edificabile di 77.700 metri quadrati: la mappa catastale mostra 10 edifici (ora «fatiscenti», viene precisato) per quasi 2mila metri quadrati. In quest’area sorgeranno anche gli stabili per la Polizia di Stato.

Il numero di ospiti

Un nodo resta quello del numero dei migranti. Il protocollo chiarisce che le strutture possono ospitarne massimo 3mila contemporaneamente. Meloni alla firma ha parlato anche di 36mila all’anno, contando su procedure portate a termine in quattro settimane. Poi il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha chiarito che «i migranti possono essere trattenuti oltre i 28 giorni anche in Albania. Il massimo consentito dalla legge italiana è 18 mesi». In tutto e per tutto, insomma, le aree concesse da Tirana a Roma sono sottoposte esclusivamente alla giurisdizione italiana.

E a carico dell’Italia sono gli oneri al 100%: dovrà costituire un fondo di garanzia e, come anticipo dei rimborsi per il primo anno, entro tre mesi dall’entrata in vigore dell’intesa, dovrà versare 16,5 milioni di euro nel conto speciale di tesoreria statale aperto dall’Albania. Come si specifica nell’intesa e negli allegati, nelle spese, fra l’altro, rientrano quelle di assistenza ospedaliera, l’acquisto di dispositivi medici, farmaci e vaccini, gli oneri per l’impiego di polizia (alle forze albanesi spetta la vigilanza esterna), l’acquisto di carburanti per i veicoli e i mezzi, nonché gli eventuali oneri legali per la difesa innanzi a tribunali internazionali, e per i risarcimenti danni decisi da corti nazionali o internazionali.

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