Uccisa, bruciata e lanciata in un burrone a 17 anni: il fidanzato sconterà l’ergastolo

L’imputato si è sempre dichiarato innocente

Roberta Siragusa aveva 17 anni quando venne uccisa, la notte tra il 23 e il 24 gennaio 2021, nel periodo del Covid. La Corte d’assise d’appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino, ha confermato la condanna all’ergastolo (come chiesto dal sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno) per Pietro Morreale, 21 anni, il fidanzato, a conclusione del processo di secondo grado iniziato lo scorso 9 ottobre. L’imputato si è sempre dichiarato innocente e anche in appello ha sostenuto che la ragazza, bruciata viva, si era data fuoco da sola, dopo un litigio, vicino al campetto di calcio di Caccamo.

«L’amore non uccide. L’amore non umilia. L’amore non ti tappa la bocca come ha fatto Pietro Morreale. Basta famiglie all’ergastolo per un povero uomo che uomo non è. Bastava solo che lui quella maledetta sera ti riaccompagnasse a casa sana e vegeta. Ognuno per la sua via. Oggi saremmo tutti più sereni e felici. Mi manchi Rò», ha scritto su Fb Iana Brancato, la mamma di Rosanna Siragusa.

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Accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, Morreale, come stabilito nel processo di primo grado, dovrà risarcire la famiglia della vittima e il Comune di Caccamo che si sono costituiti parte civile, per un ammontare che sfiora i 600mila euro. Alla lettura del dispositivo erano presenti i parenti di Roberta: il padre, la madre, il fratello, la nonna, la zia, i cugini e tanti amici della vittima. In aula era presente anche l’imputato, al quale il sostituto procuratore generale ha chiesto, prima che la Corte si ritirasse in camera di consiglio, se avesse qualcosa da dire. Il giovane ha risposto di no ed è rimasto impassibile anche davanti alla lettura del verdetto.

La ricostruzione dell’omicidio

La notte dell’omicidio, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, dopo alcune ore passate in casa di amici, Pietro Morreale avrebbe picchiato la fidanzata che aveva deciso di lasciarlo e le avrebbe dato fuoco, prima di caricare il corpo sull’auto e lasciarlo in un dirupo non distante dalla casa di Roberta, nei pressi di Monte San Calogero, in una zona impervia. La mattina del 25 gennaio, quando venne trovato il corpo della ragazza, Morreale, nel tentativo di crearsi un alibi, mandò un messaggio a un amico, chiedendogli se sapesse dov’era Roberta. Fermato quello stesso giorno e interrogato dal pm della procura di Termini Imerese, disse che non era stato lui ad ucciderla.

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La ragazza, secondo la versione fornita dall’imputato, avrebbe usato una bottiglia di benzina, che Pietro teneva in auto, per darsi fuoco. Lui avrebbe tentato di soccorrerla, prima di tornare a casa sotto choc e riferire l’accaduto ai genitori, con i quali si è poi recato in caserma la mattina successiva. Un racconto fatto agli investigatori e ribadito in entrambi i processi, che è stato ritenuto del tutto inverosimile dai giudici. I funerali di Roberta si tennero a Caccamo il 4 febbraio 2021, celebrati dall’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. Tutto il paese partecipò alle esequie.

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