Carabinieri a Gerusalemme. Crosetto: «gettare acqua sul fuoco»
Una nave con sale operatorie, ambulatori e medicinali è partita ieri da Civitavecchia diretta verso le acque antistanti Gaza. Sarà presto seguita da un ospedale da campo montato direttamente nella Striscia. Carabinieri verranno poi dislocati – su richiesta americana – nell’ufficio del Coordinatore Usa della sicurezza per Israele e l’Autorità palestinese, a Gerusalemme. L’Italia si muove sul sentiero della diplomazia umanitaria, mettendo in campo i suoi rapporti saldi con i palestinesi.
L’obiettivo, ha chiarito il ministro della Difesa, Guido Crosetto, è «gettare acqua sul fuoco. Non esiste uno scontro di civiltà tra Islam e Occidente, tra arabi e Occidente: esiste la volontà di tutti di trovare una soluzione politica alla crisi che si è aperta e l’Italia è in prima fila». I Carabinieri italiani sono stati impegnati per anni nella missione di addestramento della polizia palestinese a Gerico, in Cisgiordania.
Lo scorso 14 ottobre sono rientrati per il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Ma hanno costruito relazioni salde con i responsabili della sicurezza locali che ora sono state richieste dagli americani per l’ufficio di Gerusalemme, che si coordina con il governo di Israele e l’Autorità palestinese per rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza. La Difesa è così orientata a dare l’ok all’invio di due militari italiani.
«I Carabinieri – ha spiegato Crosetto – sono stati chiamati direttamente agli americani perché a Gerico fino a tre settimane fa formavano la polizia palestinese: hanno quindi un rapporto di fiducia, di conoscenza e di rispetto che in una fase come questa è utilissimo».
Primi a lanciare operazione umanitaria
Proprio per questo, ha aggiunto nel giorno della partenza della nave-ospedale, «siamo stati i primi a lanciare questa operazione umanitaria. Il rispetto, la credibilità che ci siamo guadagnati sul campo in questi decenni vogliamo sfruttarli in questo momento perchè è più facile per noi farsi aprire le porte, farsi ascoltare, rispetto ad altri Paesi».
Sulla Vulcano – un’‘ospedale galleggiante’ Role 2, con ambulatori, strumenti diagnostici e sale operatorie – c’è un equipaggio di 170 marinai, di cui 30 formati per emergenze sanitarie. Un’altra trentina, di tutte le forze armate – chirurghi, anestesisti, radiologi, infermieri – raggiungerà l’area con un aereo.
«La invieremo – ha spiegato Crosetto – vicino alle zone interessate dalla guerra, perché è meglio dare segnali evidenti di quello che l’Italia pensa e di come l’Italia intende muoversi nei confronti del popolo palestinese, che è incolpevole della guerra in corso e che nulla c’entra o ha responsabilità con i terroristi di Hamas che hanno compiuto gli eccidi del 7 ottobre scorso».
Tappa intermedia sarà Cipro, dove la Vulcano si ricongiungerà alle navi italiane già presenti nell’area («San Giusto», «Fasan», «Margottini» e «Thaon di Revel») attualmente impegnate nell’Operazione ‘Mediterraneo sicuro’ e da lì sarà pronta per essere schierata ove ritenuto più idoneo il suo impiego.
Perché una nave militare a portare aiuti umanitari? «Non possiamo mica mandare un traghetto o una nave da crociera», ha sottolineato il ministro. «Mandiamo – ha aggiunto – l’unica nave dello Stato attrezzata con un ospedale, che possa prestare soccorsi seri, anche con una camera operatoria e penso che questo sia accolto di buon grado sia dai palestinesi che dagli israeliani. Nessuno può avere da dire su un aiuto umanitario, al di là del ‘colore’ della nave». E l’operazione umanitaria non si ferma con la Vulcano.
Anche un ospedale da campo
Lo Stato Maggiore della Difesa sta infatti coordinando anche l’invio di un ospedale da campo dell’Esercito che, ha informato Crosetto, «è nostra intenzione, in accordo con i palestinesi, portare direttamente sul terreno di Gaza, vicino a dove c’è l’esigenza reale». L’ospedale, costituito in diversi moduli operativi, potrà essere interconnesso anche con eventuali strutture di altri Paesi.