Peppiniello Conte e il sapore squisito del potere

di Elia Fiorillo

Piano piano se ne va ma sa bene gli obiettivi che vuole centrare. E non si perde mai di coraggio nell’affrontare i mille e più problemi che gli si presentano nei percorsi obbligati per fare «Bingo». Sempre tirato a lucido con l’immancabile, distinto e soprattutto distinguibile, fazzolettino nel taschino della giacca. Lui è Giuseppe Conte, attuale presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana.

A palazzo Chigi ci arrivò per caso, per combinazione, come uomo di mediazione ai comandi del capo politico del MoVimento 5 Stelle, Giggino Di Maio, e del Capitano leghista Matteo Salvini. Doveva essere il mero esecutore degli ordini impartiti dai due. E lo fu con discrezione finché ci fu il matrimonio tra gli Stellati e i Carrocciari. Mai un’alzata di testa che potesse scontentare il ‘duo’. Certo che pensava al futuro! Il suo, si capisce.

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Ma se vuoi che qualcosa frutti devi lasciar perdere il presente ed ipotizzare i possibili scenari che verranno. Lui, Peppiniello, in quanto ad «immaginare» non è secondo a nessuno. Uno dei suoi motti è: «Quanno si ‘ncudine statte e quanno si martiello vatte». Ed ai tempi del duo Salvini-Di Maio era una perfetta incudine dove ci «stava» senza batter ciglia. Ma già pensava come avrebbe «vattuto» quando la scena sarebbe cambiata.
 
Il Capitano si dimette dal governo sbattendo la porta e sperando di poter andare subito alle urne. Pur avendo il governo perso l’appoggio dei leghisti non succede niente. Si va avanti come se niente fosse, alla faccia del gruppo dei ‘carrocciari’. Certo, per Peppiniello – per un verso – la vita si complica avendo perso il vice-presidente del Consiglio e ministro degli Interni. D’altra parte però il suo peso politico ne esce rafforzato. Un rompiballe in meno e più potere personale sul suo mondo e, soprattutto, su Giggino Di Maio.
 
I tempi cambiano. La forza del MoVimento, una volta super stellato, diminuisce di pari passo con l’immagine di Giggino Di Maio che sbiadisce. Il povero Luigino di problemi ne ha tanti. C’è il comico, padrone assoluto degli stellati, che non lo fa per niente ridere e che spesso lo ‘cazzea’ in privato. Eppoi c’è un suo amico-avversario Dibba, ovvero Alessandro Di Battista, che si è sentito preso in giro dal tandem Grillo-Di Maio. Era convinto che, in base alla regola del doppio mandato, finito il periodo Dimaiano fosse cominciato il suo.

Chissà, forse lo stesso padrone del MoVimento gli avrà consigliato di «non rompere», di continuare a fare i suoi giri per il mondo che c’era il «doppio mandato» che lo tutelava. Una volta che all’attuale ministro degli Esteri gli fossero «scaduti i termini» sarebbe stato lui a dover scendere in campo e sostituire Luigino. Poi le cose, come i consensi, cominciano a cambiare. E allora quelli che una volta erano principi assoluti diventano relativi. Molto relativi. I grillini che hanno avuto la fortuna ed il piacere di sedere a Montecitorio o a Palazzo Madama ci hanno preso gusto.

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Perché dover lasciare quei posti, per loro salutari, in base ad un principio superato che avevo senso, forse, quando Grillo e i suoi compagni erano fortissimi? Con un MoVimento debole meglio puntare su uomini d’esperienza, che conoscono i meccanismi dei palazzi della politica. Che sanno come muoversi in quel complesso mondo. Insomma, tutto il contrario di quello che i pentastellati professavano una volta. Certo, è vero che a differenza degli altri deputati e senatori devono sborsare alla Casa Madre la gran parte dei loro compensi. Ma vuoi mettere, comunque, i tanti privilegi che sono insiti nelle cariche parlamentari?
 
Certo, Peppiniello Conte deve tutto ai 5Stelle. Ma, appunto, i tempi sono cambiati. Il potere è passato di mano. Una bella fetta è finito nelle sue. Meglio stare alla larga dal passato, da Grillo e compagni. Meglio puntare al futuro, il suo. Che potrebbe fare da ‘grande’? Certo, continuare, per quanto possibile, ad essere l’inquilino di Palazzo Chigi con le sue puntuali, quasi giornaliere, conferenze stampa. Certo, ipotizzare, come probabilmente sta facendo, un partito tutto suo dall’invitante nome: ‘Con…te’. Ma c’è anche un’altra cosa che lo stuzzica. Sergio Mattarella entrò in carica il 3 febbraio 2015. Il suo settennato è abbastanza vicino alla scadenza. E chi meglio di lui, Peppiniello Conte, potrebbe succedergli?

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