Omicidio Rosa Gigante, si aggrava la posizione dell’indagata: accusata di omicidio premeditato

di Redazione

Stefania Russolillo dovrà rispondere anche di rapina aggravata e tentata distruzione di cadavere

Si aggrava la posizione di Stefania Russolillo, la donna di 47 anni accusata di aver ucciso lo scorso 18 aprile, nella sua abitazione nel quartiere di Pianura, Rosa Gigante, 72 anni, mamma del tik toker re dei panini, Donato De Caprio, che conta 3 milioni di follower. La Squadra Mobile e la Procura di Napoli le contestano, tra l’altro, il reato di omicidio volontario premeditato. La donna era già in carcere per omicidio semplice.

L’accusa ora nei confronti della Russolillo è di omicidio aggravato dalla premeditazione, rapina aggravata e tentata distruzione di cadavere. Dagli ulteriori accertamenti è emerso che la Russolillo avrebbe progettato per circa un mese la rapina all’interno dell’abitazione della vittima e solo la mattina del 18 aprile scorso sarebbe riuscita a farvi accesso con l’inganno per appropriarsi di monili e danaro. Avrebbe anche portato con sé un tubicino in gomma che ha poi utilizzato per strangolare la vittima dopo averla scagliata contro le pareti dell’abitazione e scaraventata a terra. Prima di abbandonare il luogo del delitto avrebbe tentato di incendiare il cadavere della vittima.

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La Russolillo era stata arrestata dalla Squadra Mobile nell’ambito della prima fase delle indagini coordinate dalla Procura di Napoli (sostituto procuratore Maurizio De Marco). Agli inquirenti riferì di avere ucciso la Gigante al termine di una lite scoppiata per futili motivi (bollette sottratte dalla cassetta delle lettere per dispetto). Adesso la contestazione del reato più grave.

Nella sua abitazione trovata la macchinetta dell’aerosol dalla quale aveva preso il tubicino utilizzato per strangolare la vittima. A lanciare l’allarme era stato il compagno della Russolillo: la sua abitazione, peraltro, il giorno dopo l’arresto, venne occupata abusivamente da una mamma con un figlio ma venne subito liberata perché lì c’erano prove che rischiavano di andare perse e che la Polizia scientifica ha poi trovato.

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