La Procura aveva chiesto 26 anni di carcere
Il Tribunale di Napoli ha condannato a 24 anni di carcere Antonio Moccia, ritenuto per sei anni il reggente dell’omonima famiglia malavitosa che dal Napoletano si è estesa fino alla capitale. La sentenza è giunta al termine di un iter giudiziario durato ben 12 anni: per i giudici Antonio Moccia ha ricoperto il ruolo di vertice dal 2004 al 2010. Venne arrestato l’8 aprile 2021 nell’ambito dell’operazione interforze «Petrol-Mafie spa» del Ros e dello Scico della Guardia di Finanza, coordinata da quattro procure: Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli e Roma.
L’esistenza di un’organizzazione malavitosa che portasse il nome dei Moccia è stata sempre negata dai componenti della famiglia: nel marzo del 2020 Antonio fece affiggere un manifesto ad Afragola – popoloso comune dell’hinterland a Nord di Napoli, sua città di origine – nel quale prendeva le distanza di chi usava il suo cognome per imporre le estorsioni. Il figlio di Gennaro Moccia e di Anna Mazza (il primo ucciso in un agguato di stampo camorristico nell’aprile del 1974, l’altra soprannominata «la vedova nera», la prima donna in Italia ad essere stata accusata di reati di mafia, anche lei deceduta ma per un ictus) mandò un suo emissario per chiedere l’autorizzazione dell’affissione nell’apposito ufficio comunale, con tanto di delega con la sua firma corredata dai suoi documenti.
Ai giudici della prima sezione penale, presieduta da Armonia De Rosa, il sostituto procuratore antimafia della DDA di Napoli Ida Teresi, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto 26 anni di carcere per Moccia. Il trasferimento a Roma dei nuclei familiari di Angelo e Luigi Moccia, fratelli di Antonio, risale al 2010, e anche Angelo, conosciuto come «il boss dissociato», dopo la sua scarcerazione si trasferì nella Capitale.
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