Era il 26 marzo 2020 ed in quella occasione il Presidente del Consiglio Conte si lasciò andare più volte, con serafica disinvoltura, ad espressioni condite con il plurale maiestatis: «non consentiamo party privati… consentiamo l’accesso a parchi … consentiamo anche… Consentiremo le visite ai parenti…». Stava esponendo un suo decreto presidenziale per annunciare la fase 2 della lotta alla pandemia di covid-19. Si atteggiava a sovrano illuminato che parla ai sudditi con benevola, paterna preoccupazione.
La cosa non passò inosservata ed in Senato Matteo Renzi abbaiò, come al solito, senza mordere: «Conte ha detto undici volte “Noi consentiamo…” Non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli ad altri». I pieni poteri, appunto. Conte ha lasciato trasparire la sua euforia di uomo solo al comando legittimato dalla gravità del momento. Veniva fuori un nuovo volto del Presidente del Consiglio non più sotto tutela dei 5 stelle e degli alleati di governo.
Le indagini demoscopiche rilanciavano un crescente consenso nei confronti del premier col moltiplicarsi delle sue conferenze stampa e degli annunci strabilianti di interventi miliardari. Anche oggi, dopo il plateale fallimento dei provvedimenti messi in campo per fronteggiare l’emergenza sanitaria, il consenso nei confronti del premier non sembra avere subito un significativo abbattimento. C’è chi sostiene che un eventuale suo partito potrebbe raccogliere il 14% alle prossime elezioni politiche. Uno scenario di fronte al quale l’interessato fa finta di cadere dal pero: «A mia insaputa! Non ho un partito».
Pd e M5s, però, sono molto preoccupati perché sarebbero proprio i loro elettori a costituire il grosso dei consensi dell’eventuale nuovo partito.
I mal di pancia, però, non possono sfociare in nessun modo in una crisi di governo e Conte lo sa bene: mancano le alternative. E così il governo va avanti con annunci e promesse, aggrappandosi alla “solidarietà” dell’Unione europea, che promette miliardi a cascata attraverso i suoi strumenti rigorosamente di natura bancaria (BEI; SURE; MES; ERF) naturaliter refrattari ad ogni forma di elargizione gratuita.
L’urgenza incalza, ma non si sa quando i soldi arriveranno: certamente non subito, certamente a prestito, e dietro precise condizioni che limiteranno ulteriormente gli spazi di autonomia del parlamento e del governo. C’è il rischio concreto che la sovranità dell’Italia venga messa sotto tutela di Germania e Francia che si ritengono i paesi guida dell’Ue.
Ma a Conte questo poco importa. Tirare a campare viene prima di tutto. Nonostante i suoi plateali insuccessi e gli spaventosi ritardi nell’erogazione degli scarsi aiuti a imprese e famiglie, è sicuro che nessuno può permettersi di dare vita ad un nuovo governo.
Intanto, continuerà la serie delle sue conferenze stampa dove potrà declinare il vuoto spinto delle sue parole con una buona dizione e una bella presenza.
Persino il New York Times lo ha capito e gli rimprovera apertamente le «frasi a ciclo continuo, legalistiche e ambigue», nonché l’uso dei social e dei media «per autopromuoversi». Siamo, appunto, all’autopromozione, tanto i soldi di domani potranno far dimenticare i disastri di oggi. Almeno lo spera.
E poi, le responsabilità potranno essere scaricate sulle task force, sull’esercito di consulenti ed esperti e – perché no? – sulla tanto deprecata burocrazia. E poco importa che i suoi decreti abbiano battuto tutti i record per quantità di articoli, commi e rinvii a provvedimenti di attuazione. Il suo modo di legiferare ha creato una foresta di norme incomprensibili, spesso inattuabili, e qualcuno (la burocrazia?) dovrebbe preoccuparsi di farle applicare. La responsabilità è sempre altrove. Il premier si sente intoccabile e insostituibile, grazie ad una sorta di polizza vita costituita dall’emergenza sanitaria che rende difficili eventuali trame politiche a suo danno.
Lunga vita all’emergenza.
I profeti di sciagure non mancano in questo momento e il terrorismo mediatico potrà sempre tornare utile per altre future emergenze, anche solo annunciate: la prevenzione innanzitutto, al di là delle libertà costituzionali.
Gli italiani hanno dimostrato ormai di essere pazienti e remissivi e la paura di morire è più forte della voglia di libertà. Già questo basta a tenerlo a galla, ma nel futuro di Conte si profila una seconda polizza assicurativa: la fondazione di un partito personale. Non lo scoraggiano i precedenti andati a male: Dini e Monti erano troppo ‘tecnici’ e poco ‘poetici’ per essere presi sul serio.
Perciò, fin quando potrà apparire su tutti i monitor, incanterà gli italiani con le sue favole per garantirsi un futuro politico. Del resto, è uomo per tutte le stagioni, può sostenere tutto e il contrario di tutto, il sì di oggi potrà essere il no di domani e viceversa. Lo ha già dimostrato passando, senza battere ciglio, dalla guida di un governo ‘giallo-verde’ a quella di un governo, diametralmente opposto, ‘giallo-fucsia’.
Nel dubbio, sa come fare per non scontentare nessuno: «valuterà» prima di decidere, annuserà l’aria che tira: per l’Ilva, le concessioni autostradali, l’Alitalia ecc. Persino sul ponte sullo Stretto di Messina preferisce non avere idee chiare, nonostante il tema sia dibattuto da oltre un secolo e mezzo.
All’orizzonte c’è la legge elettorale, il Germanicum, ad impianto proporzionale, senza premio di maggioranza, senza collegi uninominali, senza la necessità di stipulare alleanze pre-elettorali: una legge fatta su misura per Conte ed anche per Berlusconi. «Dobbiamo dare tempo a Berlusconi – dice Conte – non può rompere con Salvini prima delle Regionali».
I “responsabili” sono fatalmente attratti dal fascino del potere.
Dovremo aspettare. Il centro-destra dovrà aspettare, sperando di ottenere la maggioranza assoluta, prescindendo dalle truppe berlusconiane. Solo allora potrà governare l’Italia. Nel frattempo Giuseppe Conte da Voltura Appula continuerà a raccontare favole agli italiani, non a caso il mio amico Mimmo Della Corte lo ha definito «il favoliere delle Puglie». Mai definizione fu più appropriata. Ma non si può vivere di sole favole.
Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali
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