La donna morì dopo lunghe sofferenze
Si è concluso con la condanna a 22 anni il processo bis per omicidio a carico di L.D.D. 58 anni, accusato di aver nascosto di essere sieropositivo alla compagna, poi deceduta per Aids nel luglio del 2017. La donna, un’avvocatessa di 45 anni, morì dopo lunghe sofferenze, scoprendo la verità sulla sua malattia quando era troppo tardi.
La sentenza è della Corte di Assise di Messina, ed è decisione arrivata al termine di una lunga camera di consiglio. Nella scorsa udienza il pubblico ministero Roberto Conte aveva chiesto la condanna a 25 anni. Già una prima volta la Corte d’Assise di Messina aveva condannato l’uomo a 22 anni ma in appello il processo, con la relativa condanna, era stato annullato.
Lo scorso dicembre, infatti, la Corte d’assise d’appello aveva accolto quanto rilevato dall’avvocato Carlo Autru Ryolo, difensore dell’uomo, e dallo stesso sostituto pg che aveva chiesto di annullare la sentenza in quanto due giurati che componevano la Corte d’assise avevano compiuto 65 anni durante il processo, superando così il limite di età previsto dalla legge per far parte del collegio. Il processo è così partito di nuovo dal primo grado arrivando solo ora alla conclusione.
I legali di parte civile: un esito nel quale abbiamo sempre creduto
«Siamo senz’altro soddisfatti per questo risultato anche se non c’è nulla per cui gioire, perché è stato riconosciuto esattamente quanto già era stato accertato nel corso del processo ingiustamente annullato. Oggi avremmo potuto esprimere soddisfazione per una sentenza già definitiva e, invece, si è appena conclusa la fase del primo grado di giudizio. Non esultiamo dinanzi alla condanna di un uomo ad una pena detentiva così grave, non ci appartiene», hanno detto gli avvocati di parte civile Bonni Candido e Elena Montalbano.
«Non possiamo però – hanno aggiunto – esimerci dall’esprimere soddisfazione per un esito nel quale abbiamo sempre creduto, certi della piena responsabilità del D. D.. Nessuno restituirà più la vita alla nostra giovane Collega. Nessuno restituirà più una mamma al proprio figlio, una sorella alla propria amata sorella ed una figlia ai propri genitori».
«Restiamo in attesa di leggere le motivazioni, consapevoli che ci attenderanno altri due gradi di giudizio. Nessuna preoccupazione, invece, per l’anticipata ulteriore questione di nullità del processo da parte della difesa dell’imputato che si palesa ancor più infondata di quella precedentemente avanzata. Auspichiamo, piuttosto, che l’imputato decida di difendersi all’interno del processo e non rifuggendo a questo», concludono.
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