Ucraina, Tirelli (Lgr): «No a F16 a Kiev, sarebbe escalation»

Il presidente del partito: sottovalutata visita di Lavrov in Sudamerica

«Armare Kiev con gli F16 sarebbe un errore imperdonabile. Significherebbe fare di un Paese cuscinetto, qual era ed è l’Ucraina, un avamposto militare dell’Occidente contro Mosca». A dirlo è l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente del partito «Libertà, Giustizia, Repubblica». «L’escalation sarebbe imminente con rischi non ponderabili da una parte e dall’altra – prosegue –. La diplomazia internazionale non può permettersi un passo falso del genere».

«Il nostro partito esprime profonda fede atlantica ma, allo stesso tempo, è consapevole che una contrapposizione frontale di questo tipo ci farebbe piombare, nuovamente, negli anni oscuri della Guerra fredda. Ci sono però dei percorsi che, a nostro avviso, è possibile intraprendere per evitare l’afganizzazione dell’Ucraina. A seguito dell’immediata conclusione dello scontro armato e del ritiro delle truppe russe, Kiev dovrà riconoscere l’indipendenza del Donetsk e del Lugansk ufficializzando, al contempo, l’impegno a non dislocare sul proprio territorio armi tattiche chimiche o batteriologiche dell’Alleanza».

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«Ulteriore impegno sarà quello di non adottare, ora e in futuro, atteggiamenti repressivi nei confronti di cittadini russi o bielorussi che vivono sul proprio territorio. In cambio, la comunità internazionale realizzerà un nuovo Piano Marshall per la ricostruzione di un Paese danneggiato dal conflitto. Allo stesso modo, – prosegue il leader di Lgr – Mosca dovrà rispettare gli esiti di un nuovo referendum per l’autodeterminazione nazionale dei cittadini della Crimea da svolgersi sotto l’egida dell’Onu. Durante i negoziati, la Russia non dovrà ricorrere ad armi sporche o termobariche e dovrà assicurare il rispetto e la tutela delle minoranze ucraine che vivono e lavorano entro i suoi confini».

Un segnale agli Stati Uniti

«È colpevolmente passato sotto silenzio, poi, la visita nelle scorse settimane del plenipotenziario del Cremlino e ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, in Venezuela e a Cuba, storici alleati della Russia. Un segnale chiaro inviato agli Stati Uniti per dimostrare che Mosca può in qualsiasi momenti minacciare, dal Sud America, Washington. D’altronde, secondo le norme del diritto internazionale consuetudinario, la comunità internazionale non potrebbe né sul piano formale né su quello legale obiettare nulla su un armamento massiccio del Venezuela o della stessa Cuba, dopo l’aiuto militare offerto a Kiev dall’Europa e dagli stessi Stati Uniti. Di fatto assisteremmo a un ritorno al passato con due super potenze che armano i loro alleati nel cortile del nemico per alimentare una strategia della tensione».

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«La situazione è particolarmente complessa – ha concluso Tirelli – ma non per questo possiamo permetterci errori marchiani di valutazione. Dunque, sì a un’Ucraina inglobata nell’area di influenza politico-economica occidentale ma no all’escalation sugli armamenti per trasformare Kiev nella testa di ponte della Nato contro Mosca».

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