L’Italia di Meloni e Schlein: nel Belpaese la contemporaneità arriva sempre in ritardo

Fulvio Abbate: «Con la vittoria di Elly Schlein alla segretaria del Pd “Lady Oscar” diventa inno del partito»

Quello che è accaduto in Italia negli ultimi 5 mesi dà la dimensione esatta di quanto la contemporaneità su questo territorio nazionale arrivi sempre in ritardo. Dopo che in tutto il mondo le donne hanno sempre dato dimostrazione di chiarezza di vedute e lungimiranza nella visione storica da Golda Meir a Indira Gandhi per giungere a Margareth Thatcher.

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Qui da noi si è dovuto aspettare il periodo nell’intervallo tra settembre 2022 e febbraio 2023 per vedere al vertice del Governo della Repubblica Italiana una donna, quale Giorgia Meloni, e l’elezione di Elly Schlein a capo del secondo partito che siede in parlamento.

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Ovviamente questo dato può significare tanto se si perviene ad un cambio di passo in termini di governabilità, concretezza pragmatica e risolutiva e di condiviso senso delle istituzioni. Sì come può significare poco se si rimane ancorati a visioni stantie di immobilità storica, di sterilizzazione delle idee innovative e di formale mutevolezza «nuovista», che ridurrebbe il messaggio politico a mera millanteria o peggio a scontro tra le parti senza esiti plausibili.

Tuttavia e senza alcun dubbio questo sta in parte concependosi per via di una Meloni a destra che opera su tre fronti: rinegoziazione delle politiche europee (immigrazione in primis), strategia di gestione politica energetica (facendo divenire hub l’Italia con il collegamento tra i paesi del nord’Africa ed Europa), interlocuzione geopolitica seria con USA, Cina ed i paesi del nord-africa. E qui pare emergere, a destra, una strategia, permanendo l’incertezza di quanto possa essere traducibile in scelte concrete e decisioni istituzionali.

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Per la fase embrionale della Schlein, invece, si percepisce una sua dimensione alquanto vaga che, per dirla con le parole di Claudio Cerasa, appare rappresentativa di una sinistra «social-confusa». Ma c’è di più, la sinistra fucsia, che si caratterizza per una visione contraddittoria e fin troppo astratta, si riassumerebbe in una dichiarazione della Elly in cui si autodefinisce sinteticamente così: «…non sono comunista e anzi, avendo aderito alla visione neoliberale dell’imperialismo made in USA e dei diritti di consumo individualistici chiamati impropriamente diritti civili, sono anticomunista dichiarata».

Una sorta di palese sfiducia

Certo questo modello non appare per nulla chiaro e per niente concreto. Ma nel suscitato dibattito odierno successivo alla sua elezione a leader del PD, Elly Schlein viene definita da uno dei suoi sodali della sinistra aperta e nobile, forse ormai anche appartenente ad una nobiltà un po’ decaduta, ovvero lo scrittore Fulvio Abbate su un tweet così: «Con la vittoria di Elly Schlein alla segretaria del Pd “Lady Oscar” diventa inno del partito. Da stasera non più né compagni né amici, ma si chiameranno ufficialmente amichetti e amichette. amichettismo #EllySchlein @pdnetwork #primariepd2023».

Ebbene il fraseggio, carico di ironia, riportato evidenzia una sorta di palese sfiducia e sembra che la Elly di una sinistra femminista, ecologista stia in una sorta di clima da «Città delle donne» di felliniana memoria laddove, come dice il poeta Andrea Zanzotto, si trova in una sorta di caos metaforico in cui «ognuno, camminando per la città delle donne, pur accorgendosi di essere rimasto come al centro di una trottola mossa da un delicato staffile, si sente immesso alla fine, dopo l’intervento di una carnevalesca mongolfiera femminea (il PD ?) destinata a cadere a pezzi, in caduta libera che è forse davvero libertà».

Probabilmente, così, si racchiude in sintesi il destino del PD, chiuso in una sorta di sospensione dell’attualità storica, ove la leggibilità e l’interpretazione del momento può condurre e servire a rompere gli schemi teorici e mettere in luce la storia che si realizza ed afferma, e non rimane più come astratta teorizzazione, sino a rendere questa sinistra, facendola apparire per quella che è, ovvero «amebica, filigranata, sfilacciata, multicefala, o ancora peggio, acefala».

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