Commissione europea: dopo il «Qatargate» c’è il rischio di un «Pfizergate»?

di Eugenio Preta

Ogni decisione sui vaccini affidata alla Commissione europea. Contratti opachi per miliardi di euro, di cui nessuno sa niente. E la trasparenza?…

Contratti opachi conclusi per miliardi di euro, assegnazione della gran parte del mercato dei vaccini al laboratorio Pfizer, cessioni della sovranità statale in campo sanitario alle commissione europea, scambi di messaggi tra la presidente Von der Leyen ed il presidente/direttore generale di Pfizer per avviare negoziati e definire accordi che ora sono misteriosamente scomparsi: ecco tutti gli ingredienti di un nuovo scandalo che, dopo il Qatargate, potrebbe sconvolgere questa Europa solidale, unita, indipendente, «pacista» e illibata.

Le tappe della vicenda

Riavvolgiamo la pellicola: nella primavera del 2020 le vite dei cittadini del pianeta e le economie di Paesi allora floridi sono rimaste come «sospese» a causa dell’evoluzione della pandemia Covid.

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Cominciava allora la rovinosa rincorsa ad un prezioso vaccino che avrebbe potuto permettere il ritorno alla normalità. Per farla breve l’Esecutivo europeo ha firmato un accordo con i 27 Paesi membri che le conferiva il potere di negoziare direttamente, a nome loro, con i fabbricanti dei vaccini. Una svolta epocale sulla via caparbiamente perseguita dal verbo europeista della cancellazione delle sovranità nazionali, in questo caso quella della salute dei cittadini fino ad allora riservata agli Stati nazione.

Nel novembre 2020 due aziende farmaceutiche, Pfizer e Biotech, riescono per primi a presentare risultati giudicati positivi per la sperimentazione clinica di un nuovo vaccino e ad accordarsi con le industrie fabbricanti. I laboratori statunitensi Pfizer si aggiudicano la parte più importante del mercato: oltre 1,800 miliardi di dosi sui 4,2 miliardi destinati a 447 milioni di cittadini europei. Il costo dell’operazione di acquisto di ogni tipo di vaccino ammonta a 71 miliardi di euro.

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La Commissione parlamentare Covid

Nel marzo 2022 viene costituita una Commissione parlamentare Covid, formata da 38 deputati, la cui durata veniva stabilità in 1 anno, presieduta dalla socialista belga Van Brempt e la cui missione avrebbe studiato la pandemia per definire future misure di contrasto.

La commissione parlamentare quindi rivendica al Parlamento europeo il diritto di ottenere una trasparenza totale sulle modalità delle spese effettuate per i vaccini e di conoscere gli accordi che le hanno determinate.

Si tratta in definitiva dell’obbligo di trasparenza iscritto nei principi etici del Parlamento europeo che, in questo caso però, mal si accorda al carattere di confidenzialità dei contratti stipulati tra la Commissione esecutiva e i laboratori Pfizer, stranamente censurati tanto che, a queste condizioni, risulta impossibile conoscere esattamente il numero di dosi acquistate, il loro prezzo e le regole stabilite per gestire le eccedenze delle dosi e l’attribuzione della responsabilità in caso di utilizzo fraudolento o di sviluppo di effetti indesiderati.

Il ruolo tenuto dalla presidente Von der Leyen

A questo punto, nel gotha brussellese desta una certa perplessità il ruolo tenuto dalla presidente Von der Leyen nel corso dei negoziati e la strana reticenza della Commissione europea che non riesce a ritrovare la posta elettronica scambiata dalla stessa presidente con il presidente/direttore generale di Pfizer, Albert Bourlal che, da parte sua, ha rifiutato per due volte di partecipare all’audizione sollecitatagli dalla commissione parlamentare dichiarando di non aver informazioni supplementari da fornire.

Una mancanza di collaborazione che, di per se stessa, depone certo a sfavore della trasparenza tanto agognata e che ha suscitato la richiesta, votata della maggioranza dei commissari Covid ad eccezione dei popolari e dei liberali, di vietare ai lobbisti di Pfizer l’accesso alle sedi del parlamento europeo.

Intanto, per il racconto storico si aspetta l’audizione della Von der Leyen, invitata a comparire nei prossimi giorni. Si rinnova però il clima di sfiducia dei cittadini europei nei confronti di queste autorità in deficit democratico, una sfiducia che non si ferma ai cittadini ma pervade ormai anche gli organi istituzionali tanto che la mediatrice europea, l’irlandese O’Reilly dal suo ufficio di Ombudswomen di Strasburgo ha lanciato un segnale di allarme preoccupato a tutte le istituzioni dell’Ue.

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