La latitanza di Matteo Messina Denaro finanziata con le scommesse online

Nel covo una pistola e una parrucca da donna

L’ultima scoperta è una pistola: una «Smith & Wesson» 38 special, con 5 proiettili in canna pronta a sparare. Matteo Messina Denaro l’aveva nascosta in un doppio fondo di un mobile della cucina accanto ad altri 20 proiettili dello stesso calibro. A trovarla, nel covo di vicolo San Vito a Campobello di Mazara, ultimo rifugio del boss sono stati i carabinieri che stanno perquisendo palmo a palmo l’abitazione. L’arma, che aveva la matricola abrasa, è stata consegnata ai Ris per gli accertamenti tecnici: si dovrà scoprire se abbia mai sparato e se sia compatibile con revolver usate per commettere alcuni degli omicidi di cui il padrino di Castelvetrano è accusato.

Nell’abitazione di Messina Denaro, acquistata con i soldi del boss dal geometra Andrea Bonafede, l’uomo d’onore riservato che gli ha prestato l’identità, i carabinieri hanno trovato anche una parrucca da donna. Gli investigatori escludono che sia stata utilizzata dall’ex latitante per travestimenti. L’ipotesi più probabile è che a indossarla siano state donne che nel tempo hanno frequentato il padrino di Castelvetrano.

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Proseguono, intanto, le indagini sulla latitanza del capomafia che, almeno negli ultimi tre anni, si sarebbe nascosto a Campobello di Mazara. Anche con l’ausilio degli uomini del reparto Cacciatori di Calabria, si stanno perquisendo a fondo abitazioni di fiancheggiatori e i due nascondigli del boss: quello di vicolo San Vito in cui è stata trovata l’arma e l’appartamento ormai vuoto in cui il padrino avrebbe vissuto prima di trasferirsi nell’ultimo rifugio.

La costosa latitanza di Matteo Messina Denaro

Gli inquirenti, infine, stanno tentando di accertare chi abbia finanziato la costosa latitanza del padrino. Tra le ipotesi ci sono i proventi delle scommesse on line. Nel covo sono stati trovati abiti e accessori griffati e appunti dai quali si può desumere il tenore di vita elevato sostenuto dal boss. Basti pensare alla fattura relativa a una cena al ristorante costata 700 euro. La pista delle scommesse on line parte da due inchieste della Dda di Palermo una del 2018, a carico dell’imprenditore Carlo Cattaneo, e una del 2019 che coinvolse Calogero Jonn Luppino. Entrambi svolgevano la loro attività nel settore delle scommesse online. Nei confronti di Luppino, condannato a 18 anni per mafia, estorsione e intestazione fittizia di beni, è stata disposta una confisca milionaria.

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A Cattaneo, condannato a 16 anni, vennero confiscati beni per 300mila euro. Secondo gli inquirenti, l’ascesa imprenditoriale nel mondo delle scommesse e dei giochi online di Luppino sarebbe stata agevolata da esponenti dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo che obbligavano i vari esercizi commerciali del trapanese ad installare le macchinette delle società, pena pesanti ritorsioni. Chi invece accettava questo monopolio poteva godere della «protezione» delle famiglie. L’attività economica di Luppino sarebbe stata sovvenzionata anche dai familiari del latitante Matteo Messina Denaro.

Quando ci fu la perquisizione nella sua casa i carabinieri trovarono nell’abitazione a Tre Fontane, frazione marinara di Campobello di Mazara, otto lingotti d’oro e centinaia di migliaia di euro in contanti. «La ricostruzione eseguita – scrissero invece i giudici di Cattaneo – evidenzia le modalità attraverso le quali l’imprenditore, pur non essendo inserito organicamente nel sodalizio mafioso, contribuiva in modo significativo al sostentamento economico dell’associazione, entrava in affari con la mafia che richiedeva ‘un pensiero’ (Denaro) per familiari di mafiosi in difficoltà».

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