Il lungo addio a Pelé: tre giorni di lutto nazionale in Brasile

La veglia funebre ci sarà lunedì prossimo 2 gennaio

Il Brasile si prepara a dare l’addio al suo Re, l’uomo che ha fatto conoscere il paese gigante del Sudamerica in tutto il mondo e per la cui morte sono stati decretati dal Presidente uscente Jair Bolsonaro tre giorni di lutto nazionale. Pelé rimarrà eterno, intanto la famiglia ha deciso di posticipare la veglia funebre a lunedì prossimo 2 gennaio, per evitare la concomitanza con l’insediamento del Presidente Lula, che avverrà con l’inizio del nuovo anno, quindi domenica. L’ultimo omaggio a O Rei si svolgerà dove lui avrebbe voluto, ovvero sul campo di Vila Belmiro, lo stadio del Santos in cui si è consacrato leggenda del calcio.

Sul campo è già stata allestita una passerella dove scorreranno, mescolati ai tifosi, altri grandi campioni come Ronaldo Fenomeno, Ronaldinho, Cafu, Romario, Falcao, Jairzinho, mentre i familiari del tre volte campione del mondo, la terza moglie Marcia Aoki e i sette figli avuti da tre donne diverse, oltre ai nipoti, saranno tutti accolti in una tensostruttura.

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L’omaggio alla madre dell’ex fuoriclasse

Emozionante, su questa non ci sono dubbi vista l’annunciata partecipazione popolare, sarà anche la giornata di martedì 3 quando, come avvenne a Lousville per Cassius Clay/Muhammad Ali, il feretro di Pelé sarà portato in corteo per le strade cittadine, a Santos, e un momento molto particolare sarà quando si fermerà davanti alla residenza di Dona Celeste, la madre dell’ex fuoriclasse.

Lo scorso 20 novembre, in coincidenza con l’inizio dei Mondiali in Qatar, ha compiuto 100 anni e il figlio, per quella ricorrenza, le ha dedicato un post colmo di amore («mi ha insegnato i valori dell’amore e della pace», una delle frasi). Dona Celeste si sposò con Dondinho quando aveva solo 16 anni, ebbe il primo figlio, il futuro Monarca del Pallone, quando ne aveva 18, e lo ha sempre seguito con amore e discrezione, comparendo raramente in pubblico. Anche in queste ore non ha voluto fare commenti, rifugiandosi fra gli affetti più stretti.

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I colori oroverde della Seleçao per ricordare O Rei

Intanto a Rio de Janeiro il Cristo Redentore sul Corcovado e lo stadio Maracanà, oltre alla strada che porta il nome dell’ex fuoriclasse, sono stati illuminati a giorno con i colori oroverde della Seleçao, per ricordare O Rei, la cui gigantografia viene proiettata su palazzi e residenze delle principali città del paese. A San Paolo decine di persone sono ferme all’esterno dell’ospedale Albert Einstein dove O Rei ha cessato la propria esistenza terrena, e molti di loro, vestiti con la maglia del Santos, piangono ricordando il loro idolo, che verrà sepolto al ‘Memorial Necropole Ecumênica, il cimitero verticale con vista sullo stadio del Santos, da cui dista appena 850 metri.

Emoziona anche la vicenda ritirata fuori da alcune emittenti, di quando Pelé nel 1986, quando aveva 45 anni, in un’intervista si offrì all’allora ct Telé Santana, alle prese con una serie infinita di infortuni (Leandro, Toninho Cerezo, Renato, Mozer), per giocare nella Seleçao i Mondiali in Messico 1986, 16 anni dopo quelli vinti nel 1970. «In 25 giorni mi rimetterei a posto fisicamente – disse O Rei – e potrei dare il mio contributo».

Pelé aveva anche rivelato di aver avuto la possibilità concreta di fare ritorno in nazionale già per il torneo iridato del 1974 in Germania, ma aveva declinato l’invito perché non si sentiva a proprio agio con la dittatura militare nel paese. Fu una delle poche volte in cui disse qualcosa di ‘politico’.

Peccato solo, fa notare qualche commentatore, che la Cbf, la federcalcio brasiliana in occasione dei Mondiali in Qatar non abbia voluto aderire all’invito di quella sudamericana, la Conmebol, di mettere tre cuori (Tres Coraçoes in portoghese, che è anche il nome della città natale di Pelé) al posto di tre delle cinque stelle sulla maglia della Seleçao. Ma forse è stata colpa dello sponsor, e in ogni caso O Rei rimarrà Eterno. Il football ora dovrebbe cambiare nome e chiamarsi ‘Pelébol’, ha scritto qualcuno, e in Brasile sono tutti d’accordo.

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