Qatargate, fonti elleniche: «60 europarlamentari nel mirino degli inquirenti»

di Redazione

Panzeri e Giorgi ancora in carcere, Niccolò Figà-Talamanca potrà uscire sotto regime di sorveglianza elettronica

Europarlamentari a libro paga per favorire l’Emirato. Si apre una nuova pista investigativa nella maxi-inchiesta sul Qatargate e il cuore dell’Europa continua a tremare, temendo che quanto è emerso finora sia solo la punta dell’iceberg di un sistema di pressioni e corruzione ben più radicato. Sarebbero oltre 60, secondo l’emittente privata greca Mega Tv, gli eurodeputati nel mirino della maxi-inchiesta sul Qatargate condotta dalla giustizia belga.

I parlamentari europei che potrebbero essere toccati da indagini e perquisizioni, sempre secondo la Tv ellenica, sarebbero per la maggior parte appartenenti alle famiglie politiche dei Socialisti & Democratici, del Partito popolare europeo e di altri partiti di sinistra. Le indiscrezioni sono state rilanciate anche dalla testata online tedesca Focus.de, ma non trovano alcuna conferma da parte della procura federale belga.

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Intanto, la prima udienza per i quattro fermati davanti alla camera di Consiglio del tribunale di Bruxelles ha restituito i primi pronunciamenti della giustizia belga: l’ex eurodeputato Antonio Panzeri e Francesco Giorgi, compagno dell’ex presidente del Parlamento europeo Eva Kaili, resteranno ancora in carcere per almeno un mese, mentre Niccolò Figà-Talamanca potrà uscire sotto regime di sorveglianza elettronica. Resta invece in sospeso il destino della politica ellenica, che ha chiesto e ottenuto il rinvio della decisione al 22 dicembre prossimo.

E nel frattempo, a Strasburgo, l’Eurocamera riunita in plenaria ha chiesto lo stop all’intesa Ue-Qatar sull’aviazione e la sospensione di tutti i fascicoli legislativi legati a Doha, provocando irritazione nella Lega perché esclusa dalla sottoscrizione della risoluzione comune che dovrà ora essere messa ai voti. Il clamore dell’indagine per sospetta corruzione condotta dal giudice bruxellese Michel Claise non accenna a sgonfiarsi e con il passare dei giorni il quadro si arricchisce di nuovi, allarmanti dettagli.

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L’allarme del ministro Urso

L’operazione, stando alla ricostruzione offerta dai due media belgi Le Soir e Knack e confermata poi dal ministero della Giustizia belga, è partita dopo l’indagine condotta dall’intelligence belga insieme ai servizi segreti di altri cinque Paesi europei, che avevano portato a una prima incursione ‘clandestina’ nell’abitazione di Panzeri. Un’informazione che riporta alla mente anche l’allarme messo in evidenza la scorsa estate in un report consegnato al Copasir ai tempi della presidenza dell’attuale ministro Adolfo Urso.

Ma la novità più eclatante – mentre la polizia è impegnata a individuare la banca belga dalla quale sono state prelevate le mazzette (1,5 milioni di euro in cash in tutto) ritrovate nelle case di Antonio Panzeri ed Eva Kaili, oltre che nelle borse che aveva il padre dell’eurodeputata greca in procinto di darsi alla fuga – riguarda l’ipotesi che vedrebbe diversi europarlamentari a libro paga per favorire il Paese del Golfo.

L’onda lunga dello scandalo potrebbe non fermarsi

Una tesi sulla quale gli inquirenti sono al lavoro e che, se confermata, potrebbe approfondire lo scandalo e coinvolgere un numero più ampio di politici e funzionari Ue. Rischiando di mandare definitivamente in frantumi la credibilità delle istituzioni comunitarie. L’onda lunga dello scandalo potrebbe poi non fermarsi al Qatar, arrivando fino al Marocco. La polizia belga, ha osservato il direttore de Le Soir, Christophe Berti, potrebbe avere «informazioni anche su un altro Paese». E le indiscrezioni emerse a più riprese in questi ultimi giorni puntano tutte verso Rabat.

Tanto che il ministro della Giustizia belga, Vincent Van Quickenborne, ha riferito di aspettarsi che i pagamenti in tangenti e regali per influenzare le decisioni politiche europee da parte di potenze economiche siano più alti delle somme rintracciate finora. E che «gli interessi» per altre ingerenze straniere possano essere «innumerevoli». Un sospetto ancora tutto da definire, in attesa che i quattro indagati si trovino tra un mese di nuovo davanti alla giustizia belga.

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