I lavoratori: «Con un serio piano industriale la produzione può essere rilanciata»
Riprende la mobilitazione degli operai dello stabilimento Jabil di Marcianise, nel Casertano. Questa mattina, i lavoratori si sono dati appuntamento all’esterno del Consolato americano, a Napoli, per protestate contro la procedura di licenziamento che riguarda 190 lavoratori. L’inizio dell’iter, comunicato agli operai lo scorso settembre con una Pec, non è stato certo un fulmine a ciel sereno.
Il ridimensionamento dei livelli occupazionali, costato già 250 licenziamenti, è partito nel 2019 e gli ulteriori tagli erano già previsti nei diversi piani industriali degli ultimi anni, ma rimandati solo per la pandemia. Oggi la multinazionale americana li ripropone, come «scelta difficile ma obbligata». L’obiettivo dichiarato dall’azienda, che si occupa della produzione di componenti e circuiti elettronici, sarebbe quello di salvaguardare 250 unità, ciò che rimarrebbe una volta conclusa la procedura.
«Purtroppo con Jabil siamo reduci da esperienze di ricollocamento assolutamente negative. Parliamo dei primi licenziati, ricollocati in altre aziende che hanno anche beneficiato di incentivi da parte della multinazionale, e che ora si trovano in cassa integrazione o con il mio rischio di essere trasferiti in Sardegna», racconta ai cronisti Francesco Percuoco, della Fiom. Ora i lavoratori non si fidano più e la newco che dovrebbe assorbire i 190 licenziati, a detta dei sindacati, è una scatola vuota.
Con il paradosso che questa newco, che vede la partecipazione di Invitalia, dovrebbe avere la stessa missione produttiva che attualmente la Jabil ritiene insostenibile. «Noi pensiamo che con un serio piano industriale la produzione possa essere rilanciata e sia assolutamente sostenibile», sostengono i lavoratori in presidio all’esterno del consolato americano. Una delegazione dei sindacati è stata accolta dal responsabile della sicurezza del consolato al quale è stata consegnata una lettera.
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