Sale la tensione, tante categorie protestano per come sono stati gestiti gli aiuti all’economia nella fase 2 dell’emergenza coronavirus, ma il ministro Giuseppe Provenzano sembra non accorgersene. «Abbiamo mobilitato risorse come si fa di solito in 4 o 5 esercizi finanziari. Abbiamo allargato uno strumento di salvaguardia come la Cig, garantito prestiti alle imprese, introdotto il reddito di emergenza. Le norme si possono sempre scrivere meglio, ma sui prestiti garantiti vedo diversità di trattamento, e dunque l’esigenza di un richiamo alla responsabilità del sistema bancario» afferma in una intervista a “La Stampa».
A tante persone gli aiuti non sono arrivati e da più parti è arrivato l’allert: «Attenzione che la criminalità potrebbe tentare di allungare i tentacoli laddove insiste la crisi».«Siamo consapevoli – risponde Provenzano – di questo rischio: non a caso abbiamo distribuito 400 milioni di aiuti alimentari attraverso i Comuni, per evitare di lasciare spazi alle mafie. Ma accanto ai rischi vedo un’opportunità di cui si discute poco. La crisi ha dato l’occasione di dare un colpo alle mafie, di far emergere l’economia sommersa, di promuovere legalità e civismo».
Fase 2, Provenzano: «Assegnati 120 milioni al Terzo settore del Sud»
«Col decreto Rilancio – continua – abbiamo assegnato 120 milioni al Terzo settore del Sud, perché ci aiuti a favorire uno sviluppo legale e trasparente. Con la ministra Lamorgese stiamo lavorando per rafforzare strumenti anti-usura. Una battaglia fondamentale sarà quella della semplificazione, per coniugare snellimento delle procedure e controllo di legalità».
L’emergenza lavoro potrebbe acuirsi. In questi giorni si è discusso molto della situazione della Jabil di Marcianise. «Conosco quei lavoratori, ci sono stato con Zingaretti e lo ribadisco: quei licenziamenti sono illegittimi. Ma c’è un tema più generale che tocca il Sud e il Paese: con la crisi rischiano di moltiplicarsi i tavoli di crisi, per risolverli serve un patto tra pubblico e privato. Superando le discussioni ideologiche su intervento pubblico e multinazionali». «Bisogna dirsi serenamente – spiega – che lo Stato deve sostenere le grandi imprese che investono in Italia, ma in cambio deve ricevere garanzie precise su lavoro e innovazione e fare rispettare i patti, come non sempre è avvenuto in passato».
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